In questi giorni sta montando una polemica virulenta contro la decisione di Alfano di non consentire la registrazione presso le anagrafi dei comuni dei matrimoni tra persone dello stesso sesso contratti nei paesi dove ciò è possibile.
Non ho elementi per valutare la correttezza della scelta del ministro.
Ma c’è in questa polemica un aspetto che non mi piace, e che voglio esprimere, ben sapendo che mi attirerà molte critiche, e che mi muovo decisamente contro la marea montante.
Ebbene, io non capisco perché debba essere fatto passare per oscurantista, per antimoderno, o peggio per omofobo chi, come me, pensa che vi sia una differenza tra il matrimonio basato sulla differenza di genere (uomo e donna), e l’unione tra persone dello stesso sesso.
E che il diritto debba tenere conto di questa differenza, fosse anche solo lessicalmente.
Insomma, è certamente opinabile, si può dissentire, ma credo sia legittimo ritenere che il diritto debba riconoscere la peculiarità dell’unione tra uomo e donna, architrave della famiglia tradizionale, e del naturale e ordinato sviluppo dell’umanità.
Il che non significa non condividere la necessità di disciplinare anche unioni tra persone dello stesso sesso, riconoscendo il valore positivo per l’ordinamento di un legame affettivo che si fa impegno reciproco davanti alla società.
Ma si tratta di fenomeni diversi, dal valore diverso anche per il diritto.
E ritengo che questo si possa sostenere, senza essere tacciati di essere nemici dei gay, antiquati o addirittura omofobi.
Sulle unioni civili
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Matteo
Caro Bazoli, il problema non è aggredire chi pensa distinzioni vadano fatte (secondo me è anacronistico che ce ne siano, ma rispetto la libertà altrui di avere paranoie). Il problema è che questa “distinzione” finisce solo per toglierci diritti. Per essere più chiari. Una alternativa non c’è! Il nostro ordinamento prevede solo il matrimonio, è tutto il resto sono perfetti sconosciuti. Quando si tratta di pensione, ospedali, mutuo, affitto, tasse, eredità, il diritto di famiglia dice che il mio compagno é uno sconosciuto con meno diritti della prozia che non vedo da trent’anni. E questa storia del matrimonio naturale (tra l’altro falsa quanto la terra piatta) é oramai un po’ troppi anni che viene usata per negarci di fatto ogni diritto. Ricorda molto la posizione della destra di qualche anno fa: diritti agli individui ma non alle coppie. Un modo per dire “continuate a fare le vostre cose di nascosto e non rompete per aver diritti, perché continueremo a far finta che non esistiate”.
Alfredo Bazoli
Matteo, come ben puoi leggere io non nego affatto che una disciplina vada adottata, e ne riconosco anche necessità e valore positivo. Tuttavia ritengo che una distinzione vada mantenuta, per il semplice fatto che una differenza, sul piano ontologico e per me anche per la società, esiste. Allora discutiamo serenamente di contenuti e modalità (partnership alla tedesca, che non per caso hanno mantenuto distinzione da matrimonio?) e vedrà che si arriverà ad una buona soluzione. Però senza anatemi e manicheismi.