Qualche considerazione a caldo sullo straordinario successo del Partito Democratico.
1) C’è stato un alto astensionismo, è vero, e questo ha favorito le formazioni più in grado di fidelizzare i propri elettori, e meno quelle che pescano tra delusi e indifferenti. Ma il risultato complessivo è comunque impressionante per le dimensioni, soprattutto al nord, da noi, dove la percentuale dei votanti è stata comunque significativa. In Provincia di Brescia hanno votato oltre il 70% degli elettori, il PD è largamente il primo partito con quasi il 38% dei voti, e ha doppiato i più temibili concorrenti, anche quelli che una volta vincevano a mani basse, da Forza Italia alla Lega. Per noi, per il nord, per il paese, questo significa una rivoluzione vera.
2) Inutile girarci attorno, questa è la vittoria di Matteo Renzi e del suo Partito Democratico, di un partito trascinato dalla sua immagine, dalla sua ispirazione, dalla sua capacità di sintonia con l’opinione pubblica, dalla sua impostazione politica. Un partito capace di rompere gli argini, di parlare e convincere una fetta di elettorato che mai e poi mai avrebbe votato un partito della sinistra storica. Quanti amici di centrodestra mi hanno detto in questi giorni che avrebbero votato per il PD! E non per motivi ideologici, ma per ragioni molto pragmatiche: perché il suo leader appare oggi come quello capace di traghettare il paese nel futuro. Dunque questo Partito Democratico ha vinto, non altri. E’ bene se lo ricordino tutti i nostalgici della sinistra tradizionale. E perdente.
3) Grillo non solo non è avanzato, ma anzi ha perduto voti. Con lui ha perso l’immagine catastrofista dell’Italia, la voglia di spaccare tutto, di rovesciare il tavolo, di disarticolare le istituzioni. I suoi voti, i consensi che ha conquistato nelle urne alle politiche così come oggi rappresentano un segnale di malessere da non trascurare, e però fine a se stesso, sterile, incapace di contribuire a costruire nulla. La sua sconfitta può portare con sé anche l’avvio della fine del clima avvelenato e pericoloso su cui si era avvitato il paese negli ultimi mesi, all’insegna di un integralismo strisciante, di un odio cieco e diffuso, di una sfiducia continuamente alimentata e insufflata dai professionisti del catastrofismo.
4) Ora abbiamo davanti dunque una strada meno accidentata, un prosieguo di legislatura con nubi meno dense e spesse. E’ una grande occasione per raggiungere i risultati e i traguardi che il Governo di Renzi si è prefissato: la riforma costituzionale che aggiorni l’architettura istituzionale del paese, e riforme economiche coraggiose e profonde che incidano in particolare su burocrazia e disoccupazione. Aiuterà il semestre di presidenza della UE che l’Italia assumerà tra poco, forte di una leadership mai così autorevole anche per i partner europei, che contribuirà a spostare l’attenzione e le politiche dal rigore dei conti fine a se stesso allo sviluppo.
5) Lasciamo perdere una buona volta i sondaggi.
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