Prima o poi questo bivio arriva. Arriva nella vita di tutti i giorni, arriva anche e soprattutto in politica.

Intendo il bivio tra la responsabilità e la convinzione, tra il possibile e i principi, tra i dati di realtà e le astrazioni, tra le esigenze e le convenienze.

Mi pare che oggi questo bivio, che già si intravedeva da qualche giorno, sia arrivato anche per noi, per il partito democratico.

Per un mese e mezzo abbondante abbiamo assistito al modesto spettacolo dei cosiddetti vincitori delle elezioni che, nel tentativo di far recedere l’interlocutore dai propri veti, si sono spartiti tutte le cariche disponibili e possibili, salvo alla fine, messi di fronte alle proprie responsabilità nei confronti del paese dal capo dello stato, arrendersi alla propria incapacità di trovare un accordo per dare un governo al paese.

Il partito democratico è stato spettatore di questa scialba vicenda politica, e di certo altro non poteva fare, in prima istanza, essendo uscito con le ossa rotte dall’appuntamento elettorale.

Una posizione, la nostra, che aveva anche il non disprezzabile effetto di liberarci di ogni affanno e ogni responsabilità, dopo aver governato il paese per tanti anni, ed esserci caricati sulle spalle oneri, pesi e difficoltà che inevitabilmente accompagnano ogni sforzo di governo in condizioni difficili.

Insomma, un po’ di tregua, un po’ di libertà di manovra, un po’ di tempo e di fiato per ricostruire dall’opposizione un nuovo profilo politico in grado di ritessere il filo con la società italiana che ci ha voltato le spalle.

Ma i fatti della politica ci stanno riportando con una certa brutalità alla realtà, a quel bivio che dicevo in esordio, e che forse speravamo di non essere costretti a incrociare.

E che invece oggi ci onera di fare una scelta.

Io ricordo bene la parole pronunciate da Napolitano davanti alle camere riunite che l’avevano appena rieletto presidente nel 2013. Eravamo in una condizione drammatica, certamente più difficile, dal punto di vista economico, sociale e politico, di quanto non sia oggi.

In quell’occasione Napolitano ci richiamò al vero senso e significato della politica: che non può esaurirsi nella pura testimonianza, nella pura esibizione delle proprie idee, ma che trova la sua ragione, il suo vero senso nella capacità di trovare le soluzioni per risolvere i problemi dei cittadini, delle comunità, anche nelle condizioni più difficili e complicate.

Insomma, la politica come arte del possibile, come capacità di individuare soluzioni, come ricerca, per quanto faticosa e impervia, di vie e percorsi nelle condizioni date.

La politica come severa assunzione di responsabilità di fronte ai cittadini, anche quando la realtà da gestire e da raccontare sia sgradevole.

Ecco, questo io credo sia lo spirito con il quale, al pari di quanto avvenne nel 2013, dobbiamo disporci a questa breve seconda fase del post elezioni.

Etica della responsabilità, che significa fare i conti con il contesto, con le conseguenze delle proprie scelte, con gli scenari possibili e non quelli immaginati.

Spero ci disporremo a ciò: un partito democratico che in nome del proprio interesse abdicasse alla responsabilità nei confronti del paese io credo sarebbe un pericoloso precedente, il cedimento ad una deriva in fondo non così diversa dalla cultura del populismo e della irresponsabilità che abbiamo sempre combattuto, nel nome della politica vera.