Lunedì mattina sono stato in Tribunale, e ho presenziato all’assemblea degli avvocati penalisti bresciani, che hanno spiegato le ragioni dell’astensione dalle udienze proclamata a livello nazionale.La mia presenza è stata un segno di attenzione per i seri argomenti sottolineati, e anche di apprezzamento per il ruolo svolto dall’avvocatura.

Nella vulgata corrente gli avvocati penalisti sono i difensori ‘dei delinquenti’, e dunque cercano qualunque escamotage per mettere in difficoltà le ragioni dell’accusa che vuole assicurare alla giustizia gli autori dei reati.

Ci si dimentica, invece, che gli avvocati sono anche i difensori delle parti civili, cioè delle persone offese dal reato. E che nel loro ruolo essi cercano di tutelare i diritti di garanzia e di difesa dei cittadini nei confronti della pretesa punitiva dello stato, vale a dire uno dei poteri coercitivi più rilevanti e pesanti che il potere pubblico può esercitare nei confronti dell’individuo.

Gli avvocati, insomma, sono un presidio fondamentale dei diritti di libertà dei cittadini, e non per caso ad essi è dedicata una speciale attenzione dalla costituzione.

Per questo le ragioni di protesta e disagio degli avvocati penalisti sono degne di particolare attenzione, perché in molti casi non riguardano interessi di bottega, ma denunciano storture che si ripercuotono su quei diritti di libertà e di garanzia che essi presidiano.

Così anche in questa occasione.

Non tutte le critiche che ho ascoltato sono per me condivisibili, ma alcune decisamente si.

In particolare gli avvocati hanno denunciato la deriva mediatica dei processi, quell’alleanza perversa tra giudici e media che svuota i dibattimenti, che trasforma la presunzione di innocenza in presunzione di colpevolezza, che mette una indebita pressione sulle corti di merito.

È stato ricordato, a questo proposito, l’incredibile episodio accaduto a Bergamo, dove si è scoperto che, nell’ambito del processo per l’omicidio della povera Yara Gambirasio, un video consegnato dalla procura ai media, e girato su tutti i siti, che offriva una prova evidente della colpevolezza dell’imputato, era stato artatamente modificato ‘per esigenze mediatiche’, e quello originale in realtà non offriva quella prova evidente.

Una deriva inaccettabile, e pericolosissima, che rischia di trasformare gli imputati che devono essere giudicati in vittime sacrificali sull’altare del giustizialismo imperante.

Ancora, gli avvocati hanno invocato il diritto degli indagati di essere giudicati in tempi ragionevoli, troppo spesso accadendo che tra indagini preliminari e processo un individuo si trovi esposto per anni e anni a una vicenda processuale che spesso compromette serenità familiare, salute, tranquillità economica, magari per arrivare tanti anni dopo ad un esito assolutorio.

E poi si sono chieste misure, sulle quali stiamo peraltro lavorando, attese da tempo: da una depenalizzazione che eviti di ingolfare le procure con illeciti di scarsa offensività, ad una razionalizzazione delle risorse impiegate nel sistema, con più controllo sulle spese di indagine, ad un maggiore utilizzo dei braccialetti elettronici, che possono consentire un più efficace controllo di persone agli arresti domiciliari.

Insomma, il grido di allarme lanciato dagli avvocati mi pare del tutto degno di attenzione, e conferma il ruolo importante svolto dai penalisti italiani per il funzionamento della giustizia nel nostro paese.