C’erano le massime istituzioni dello stato, ieri pomeriggio, all’auditorium del carcere di Rebibbia.Il presidente della Repubblica, quello del Senato, la commissaria europea alla giustizia, il procuratore di Roma, il comandante generale dell’arma dei carabinieri, politici, avvocati, giudici, esponenti del volontariato, professori universitari.

Tutti convenuti al convegno organizzato, su due intensi giorni di lavoro, dal ministero della giustizia, per presentare l’esito degli stati generali dell’esecuzione penale, una grande consultazione che ha coinvolto oltre 200 esperti, studiosi, professionisti, magistrati, suddivisi in 14 tavoli tematici, che si sono confrontati sul tema di come rendere più efficace, effettiva e davvero rieducativa la sanzione penale, sotto il coordinamento di Glauco Giostra, bravissimo magistrato che ha introdotto la giornata.

Una consultazione fortemente voluta dal ministro, sulla base della consapevolezza che l’ultima grande riforma in materia risale alle legge Gozzini del 1975, e che dunque sono più di quarant’anni che il nostro sistema è sostanzialmente uguale.

Un sistema carcerocentrico, basato sulla pena detentiva, con una esecuzione fondata sulla sostanziale passività del detenuto, che pur stanziando per l’esecuzione della pena una cifra enorme ogni anno, circa 3 miliardi, ha uno dei tassi di recidiva più elevati.

E dunque un sistema che necessita e merita una riforma organica, sulla base di linee guida che sono emerse nel corso dei lavori: un ventaglio di sanzioni più variegato e differenziato, con nuovi modelli di pena riparativa, percorsi effettivi di reinserimento dei detenuti, meccanismi premiali basati su una loro responsabilizzazione, riequilibrio tra sanzione detentiva e forme alternative.

Quello emerso dagli stati generali è davvero un grande lavoro (reperibile sul sito del ministero della giustizia), mai tentato con questa ampiezza e profondità prima d’ora – come mi ha confermato il prof. Carlo Alberto Romano che era con me al convegno – che forse non troverà concreta attuazione in questa legislatura, ma che costituirà una fonte preziosa e ineludibile per chiunque vorrà cimentarsi con la questione.

Un tema che certo non porta voti, non suscita particolari simpatie, non attira grandi solidarietà, in una società dominata da pulsioni alla vendetta sempre più forti, che alimentano un populismo penale da cui la politica fatica a tirarsi fuori.

Ma di cui sono orgoglioso che il PD, e per esso il nostro ministro, abbia voluto occuparsi: perché carcere, pena, rieducazione, riparazione del torto subito sono cartine di tornasole della civiltà di un paese.