Finalmente il tema della povertà è entrato con prepotenza nell’agenda della politica.
Chi segue questo blog sa che da mesi ne parlo, che ho cercato di sensibilizzare per quanto possibile con iniziative, articoli, convegni, sia a Brescia e provincia, sia a Roma.
E’ una emergenza fatta di numeri rilevanti, di troppe famiglie che sono state risucchiate, in questi anni di crisi, dentro la spirale terribile della povertà assoluta, quella che non consente di avere le risorse necessarie nemmeno per il minimo indispensabile ad una vita decorosa.
Ha ragione Renzi quando, partendo dalla correlazione evidente tra crisi economica e aumento della povertà, sostiene che occorre dunque partire da lì, cioè riavviare il motore della crescita, per ridurre progressivamente l’area dell’indigenza.
Ma è altrettanto vero che non basta l’espansione economica, che di certo aiuta, ma non è in grado di arrivare in modo puntuale, capillare e tempestivo lì dove l’emergenza oggi si colloca.
Occorrono dunque misure adeguate, e possibilmente stabili, per aiutare quante più persone ad uscire da quella condizione.
Però con una avvertenza: che non si possono distinguere i poveri in categorie.
I poveri sono poveri, qualunque sia la loro condizione sociale di appartenenza o di partenza, e vanno aiutati tutti, senza strane selezioni all’ingresso.
Per questo quando leggo delle proposte del Presidente dell’INPS di ridurre le cosiddette pensioni d’oro, per aiutare gli over 55 privi di pensione e reddito in condizione di povertà, ebbene io storco il naso.
Non perchè non sia giusto ipotizzare una decurtazione delle pensioni più elevate, soprattutto di quelle che evidenziano gli squilibri più indecenti tra contributi versati e assegno percepito. Ma perchè quelle risorse dovrebbero essere destinate ad una misura per tutti i poveri, ad una misura universale, e non solo ad una categoria individuata in base all’anzianità, come ha ipotizzato il presidente dell’INPS.
Aggiungo una mia convinzione.
Se la coperta è corta, se cioè le risorse sono poche, e dunque una selezione è inevitabile, io credo che una categoria andrebbe privilegiata sopra ogni altra: quella dei minori in stato di povertà assoluta.
E’ nella fascia da 0 a 18 anni che oggi si concentra la povertà assoluta in Italia, in percentuali assai maggiori che in qualunque altra fascia di età. Povertà assoluta a quell’età significa malnutrizione (frequenti i casi di bimbi che fanno un solo pasto alla mensa scolastica), significa impossibilità di accedere ad attività ludiche ed educative, significa partire con un handicap irrecuperabile nel viaggio della vita.
Significa, in una parola, ipotecare il proprio futuro.
Allora, si pensi a raccogliere le risorse per tutti coloro che si trovano in condizione di povertà assoluta, senza distinzioni.
E se proprio proprio, si pensi anzitutto ai minori, ai bambini, come io credo meritoriamente ha deciso di fare il governo.
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