Oggi si è tenuta alla camera una riunione organizzata da Nannicini, sottosegretario all’economia incaricato di seguire il programma da portare al Lingotto per la presentazione della candidatura di Renzi alla segreteria del pd.
All’incontro hanno partecipato i deputati sostenitori della mozione.
Sono intervenuto tra i primi per formulare alcune osservazioni di cui voglio darvi conto.
Innanzitutto ho ringraziato Nannicini per l’opportunità di discussione che ci è stata data, sottolineando che uno dei limiti dell’esperienza politica di questi anni della maggioranza che ha governato il partito è stata proprio l’assenza di luoghi di confronto, auspicando dunque che ciò segni un cambio di marcia rispetto al passato, e che si organizzino prossimi incontri anche alla presenza di Matteo Renzi.
Ho poi segnalato due questioni che vorrei diventassero centrali nella proposta politica della mozione Renzi.
La prima riguarda la legge elettorale.
Registro infatti in questi ultimi giorni una diffusa rassegnazione al fatto che la legge elettorale non potrà essere cambiata, per difficoltà politiche, per convenienze reciproche, per scarsa volontà.
Ho sottolineato come questa rassegnazione sia inaccettabile e irresponsabile, perché la legge elettorale frutto delle sentenze della corte costituzionale consegna il paese alla instabilità politica permanente.
È dovere dunque del partito democratico non rassegnarsi, e fare tutto il possibile, nell’interesse del paese, per modificare la legge elettorale, in senso possibilmente maggioritario, per dare all’Italia una democrazia governante.
Troppi sono i rischi che ci assumiamo se, alle turbolenze economiche, aggiungiamo anche un sistema permanentemente instabile.
Ho auspicato dunque che nella mozione Renzi di ciò si faccia un punto centrale.
Ho poi sottolineato il mio apprezzamento per lo sforzo fatto in questi anni dal governo per alimentare la crescita economica. Senza crescita non c’è ricchezza da distribuire, non c’è lavoro, non c’è riduzione del debito.
Ma ho messo in guardia dalla lezione americana.
Ricordando che Obama ha realizzato in America la più spettacolare crescita economica degli ultimi anni, a ritmi di aumento del pil da 3% all’anno, e ha dimezzato la disoccupazione, riportandola a livelli fisiologici.
Eppure le elezioni le ha vinte Trump.
Il che significa che per combattere il disagio, il senso di insicurezza e precarietà che si diffonde nelle società occidentali, e che alimenta la reazione populista, la crescita economica non basta più.
Anche questo vorrei diventasse un tema di discussione centrale al Lingotto.