La scelta del governo Renzi di declassificare la documentazione giacente negli archivi dello stato riguardante quel periodo della nostra storia recente segnata dal terrorismo, non può essere banalizzata o giudicata in modo superficiale.
Occorre certamente riconoscere che si tratta di una scelta che non produrrà effetti rilevanti, almeno in prima battuta, sulle vicende giudiziarie riguardanti i delitti di strage, terrorismo ed eversione dell’ordinamento costituzionale, poiché già da tempo, per espressa previsione legislativa, il segreto di stato su atti e documenti della pubblica amministrazione e del governo riguardanti tali delitti non era più opponibile all’autorità giudiziaria.
Il che significa, in buona sostanza, che è difficile immaginare che dalla desecretazione di tale documentazione possa giungere qualche ulteriore elemento utile alla magistratura per individuare elementi di responsabilità personale nella ideazione o commissione di tali delitti.
Ma la rilevanza di tale scelta a me pare molto significativa su un piano diverso, forse anche più rilevante di quello legato ai procedimenti giudiziari, che per loro natura sono finalizzati esclusivamente all’accertamento delle responsabilità personali.
E lo dico da familiare di una vittima di una strage che ancora non ha avuto giustizia.
Mettere a disposizione quella immensa mole di documentazione a tutti coloro che vogliano cimentarsi in una operazione di indagine e ricostruzione dei fatti accaduti in quegli anni puòi infatti consentire al nostro paese di fare un enorme passo avanti nella direzione di una maggiore chiarezza e limpidezza della nostra democrazia.
Occorre ricordare ciò che è accaduto in Italia negli anni che vanno dal 1969 ai primi anni 80, con il paese insanguinato da atti di terrorismo politico prima di matrice neofascista, e poi di gruppi legati all’estrema sinistra.
Le stragi, le bombe sui treni e nelle piazze, l’assassinio di alcuni dei migliori uomini delle istituzioni di allora, hanno avuto un peso enorme sulla qualità della nostra democrazia, che incide ancora adesso.
Quegli anni, quella storia, che è una storia tutta nostra, perché altri paesi democratici europei l’hanno vissuta ma in modo molto meno intenso e traumatico, ha fortemente condizionato lo sviluppo democratico del paese, sappiamo anzi che in parte lo ha bloccato. E la circostanza che su quelle vicende, nelle quali sono rimasti impigliati i destini personali di tanti di noi familiari, non vi sia ancora sufficiente chiarezza, il fatto che ancora non sia possibile certificare, con la verità solida dell’accertamento storico, condiviso, le ragioni per le quali il nostro paese subì quello scacco, ebbene tutto ciò ha contribuito ad alimentare quella sfiducia permanente tra istituzioni e opinione pubblica che oggi ancora ci portiamo dietro.
Allora consentire agli storici, a chi abbia voglia di capire, di accedere a tutta la documentazione cui fino ad oggi ha avuto accesso solo la magistratura, per sua natura vincolata ai limiti dell’accertamento delle responsabilità individuali, aprire quegli archivi, e’ un passo importante, forse decisivo per consentire finalmente al paese di liberarsi una volta per tutte da quel grumo di opacità, di ambiguità, di reticenze che tanto hanno pesato e pesano sulla qualità della nostra democrazia.
Ed è importante che sia la politica, con una propria iniziativa, a farsi carico di questa necessità, che non consentirà forse ai familiari di avere giustizia, ma consentirà al paese di fare pace con la propria storia.