Non era facile intervenire su una materia, quella del testamento biologico, che agita le coscienze, che coinvolge le convinzioni etiche e personali, che riguarda la morte e il dolore, che in passato, e non solo in Italia, ha diviso profondamente le opinioni pubbliche occidentali.

Non era facile, ma credo lo abbiamo fatto con serietà, con un lavoro accurato e coinvolgente, in commissione e in aula, che ha consentito di approvare un testo che rappresenta un punto di equilibrio convincente.

La legge si muove nel solco dell’art. 32 della costituzione, reca disposizioni in materia di consenso informato, e disciplina le modalità ed il valore delle disposizioni anticipate di trattamento, che ciascuno può rilasciare in vista di una malattia invalidante e di una futura incapacità di autodeterminarsi.

Due erano le polarità che si fronteggiavano: da un lato il principio, di stampo individualista e libertario, della autodeterminazione, che inteso in modo assoluto avrebbe potuto portare anche ad una apertura a principi eutanasici.

Dall’altro l’attribuzione di ogni scelta al medico, con il rischio di un sostanziale svuotamento del principio di stampo liberale consistente nel diritto al rifiuto di trattamenti sanitari, sancito dal citato art. 32.

Il faticoso e paziente lavoro di mediazione ha consentito di arrivare ad un corretto punto di equilibrio, che riconosce piena validità e vincolatività delle scelte del paziente, anche attraverso le disposizioni anticipate, ma che viene tuttavia temperata riconoscendo una facoltà di valutazione da parte del medico in merito alla palese incongruità della scelta, o all’esistenza di nuove terapie in grado di migliorare il decorso della malattia, sempre facendo salve norme di legge e deontologiche.

Abbiamo invece rifiutato di discutere proposte che andavano in direzione chiaramente eutanasica, respingendo emendamenti che in tale direzione erano stati presentati dal M5s e da sinistra italiana.

Certo, c’è un ambito controverso della legge, che riguarda alimentazione e idratazione artificiali. La legge precisa che tali trattamenti possono essere considerati sanitari, dunque rifiutabili, solo quando essi siano assistiti da dispositivi medici, cercando così di circoscrivere in modo chiaro l’applicabilità della norma, e in adesione alle acquisizioni oramai consolidate della comunità scientifica.

Non so se ciò possa essere considerato sufficiente a rassicurare i perplessi, certo si tratta di un indirizzo del tutto analogo a quello presente in tutte le normative dei paesi europei.

La legge ovviamente non contiene solo questo: vi sono norme che attribuiscono all’alleanza terapeutica tra medico e paziente il fondamento del principio di cura, c’è una accurata disciplina delle cure palliative e del trattamento dei malati incurabili e in fine vita.

Con tutti i suoi limiti, e alcuni margini di obiettiva ambiguità, credo in definitiva sia una buona legge, il felice esito di un percorso corretto, dialogante, serio e onesto.

E forse può essere considerata una controprova di ciò la circostanza che su di essa siano piovute critiche contrapposte, di chi la considera troppo timida, e di chi invece la ritiene pericolosamente innovativa.

Ora la palla passa al senato. Speriamo non faccia troppi danni.