Continua in queste settimane il dibattito, interno al PD e in una parte dell’opinione pubblica bresciana, sulla scelta riguardante il tracciato della linea ad alta velocità ferroviaria verso Verona, che secondo le previsioni originarie dovrebbe transitare a sud di Brescia, con fermata presso l’aeroporto di Montichiari, mentre per alcuni sarebbe preferibile passasse dalla città.
È un tema decisamente rilevante per il futuro di brescia e del suo territorio, se si pensa che verranno investiti circa 4 miliardi di euro, ed è paragonabile nei suoi effetti alle scelte che hanno segnato lo sviluppo dei successivi 50 o 100 anni, quali quelle che riguardarono il tracciato della linea storica, o il tragitto dell’autostrada A4.

Non possiamo permetterci dunque scelte sbagliate, o dobbiamo quanto meno fare quella che allo stato appare preferibile, sapendo che entrambe al momento presentano profili di incertezza, pro e contro.

E ciò alla luce di tutti i dati che ci permettano di avere un quadro chiaro della situazione.

Vi è sullo sfondo di questa decisione una questione dirimente, che riguarda il futuro e le prospettive dell’aeroporto di Montichiari, dalla quale in ultima analisi dipende il bilanciamento della scelta.

Occorre allora sapere che, benché ad oggi sostanzialmente inoperativo, l’aeroporto di Montichiari ha caratteristiche peculiari che lo rendono pressoché unico nel panorama del nord Italia.

Ha un’enorme area di sedime, molto più grande delle altre aree aereoportuali, il che consente di ospitare più piste, di lunghezza adeguata al decollo e atterraggio degli aerei più grandi, e rende possibile il parcheggio in contemporanea di molti aerei, che è la condizione essenziale per avere molto traffico.

Se a ciò si aggiunge che gli aeroporti limitrofi, per condizioni morfologiche o per livelli di traffico raggiunti, sono prossimi alla saturazione, si capisce che si tratta di un asset ricco di potenzialità inespresse.

Ora, è chiaro che un aeroporto con queste caratteristiche, ove dotato di una fermata del treno ad alta velocità, presenterebbe caratteristiche di intermodalita’ straordinarie, essendo l’unico in Italia, e uno dei pochi in Europa, a consentire lo scambio tra aereo e alta velocità ferroviaria, con vantaggi competitivi immediatamente intuitivi.

Sulla carta, dunque, la scelta di fare passare la linea ad alta velocità presso l’aeroporto di Montichiari appare lungimirante e vincente per lo sviluppo del nostro territorio, e vale il sacrificio della città.

Ma occorre che sia soddisfatta una condizione, e cioè che le potenzialità inespresse del nostro aeroporto abbiano la possibilità di dispiegarsi.

Occorre in altre parole che le sue prospettive di sviluppo siano davvero possibili, e non solo auspicabili. Perché il rischio, altrimenti, sarebbe quello di fare una linea che non ferma da nessuna parte, si limita a bypassare la città, senza nessun vantaggio per noi, che diventeremmo puro territorio di attraversamento.

Ed è qui che le cose si fanno un po’ più nebulose.

Secondo il piano nazionale del trasporto aereo appena approvato, infatti, il traffico passeggeri in Italia nei prossimi vent’anni aumenterà di circa il 20%, e in tale prospettiva per Montichiari sarebbe ipotizzabile un incremento fino a 1,5-2 milioni di passeggeri all’anno. Una cifra non malvagia, ma assai distante dai numeri attuali di Bergamo (oltre 8 milioni), o di Verona (poco meno di 3 milioni). E insufficiente a rendere davvero indispensabile, o così vantaggiosa, la fermata dell’alta velocità.

Vi è peraltro chi sostiene che si tratta di numeri che non tengono conto dell’effetto della tav, che sarebbe in grado di catalizzare e calamitare passeggeri, che il traffico aereo aumenterà ben di più, che una compagnia aerea in grado di offrire un scalo con quelle caratteristiche sarebbe invogliata ad utilizzarlo per offrire un servizio migliore, che qualunque privato farebbe investimenti su uno scalo così ben dotato. Ma sono tutte supposizioni, e manca al momento un progetto serio di sviluppo, fondato su numeri e prospettive credibili, concrete, o quanto meno ragionevoli.

Ed è per questo che ieri sera, nel corso dell’ultima direzione del pd, pur consapevole che sono scelte che non competono interamente a noi, ho chiesto che si faccia un approfondimento su numeri e prospettive dell’aeroporto, da cui dipende la nostra valutazione.

Tanto più considerato che l’alternativa che propone il comune di Brescia ha un suo appeal: oltre al risparmio di suolo agricolo se non si facesse lo shunt, ma si quadruplicassero i binari in uscita a est della stazione, le ferrovie risparmierebbero circa 500 milioni di euro, una parte dei quali potrebbero essere reinvestiti per collegare direttamente con un servizio metropolitano l’aeroporto alla stazione, mediante la riqualificazione della linea Brescia Cremona, e la costruzione di una piccola bretella.

Un collegamento privo dei vantaggi di una interconnessione con la tav, ma sufficiente per un aeroporto di piccole-medie dimensioni.

Insomma, per fare una valutazione così rilevante e impegnativa per il nostro futuro occorre meno incertezza, e qualche dato di prospettiva un po’ più chiaro e concreto.