È vero. Mettere la fiducia sulla legge elettorale, e per di più a fine legislatura, è una forzatura, una compressione della discussione del parlamento su una materia assai delicata.

Dunque ha qualche ragione chi se ne lamenta, perché è vero che era meglio una discussione ampia e libera.

Ma non ci si può fermare qui.

Allora bisogna sapere che senza il voto di fiducia avremmo affrontato decine di voti segreti, circa 120, con rischio altissimo che, su un emendamento, saltasse il largo accordo raggiunto, e dunque si affondasse per l’ennesima volta la riforma elettorale.

E se ciò fosse accaduto, non solo avremmo coperto di ridicolo il parlamento, ma ci saremmo tenuti l’attuale legge elettorale, schizofrenica e piena di contraddizioni.

Perché da qui occorre partire, per un corretto ragionamento: oggi noi abbiamo un sistema elettorale che è ciò che residua dell’italicum dopo il referendum del 4 dicembre scorso e dopo la sentenza della corte costituzionale. Un sistema diverso tra camera e senato, con soglie diverse per accedere al riparto dei seggi, coalizioni previste da una parte e non dall’altra, premio di maggioranza in un ramo e non nell’altro, un mix irrazionale di preferenze e capilista bloccati.

Un pasticcio, la ricetta perfetta, in un sistema con due camere e tre poli, per garantire instabilità politica, caos istituzionale, trasformismo, come da tutti riconosciuto.

E non per caso Mattarella insiste da mesi perché il parlamento si muova a fare una legge organica e omogenea, anche ad evitare la necessità, altrimenti inevitabile, di un decreto legge finalizzato a sanare le incongruenze più evidenti: con tutte le inevitabili incognite legate alla sua conversione in aula.

Insomma, ci troviamo davvero in una situazione semi disperata: a pochi mesi dalle elezioni con un sistema elettorale sbilenco e irrazionale.

Il pd, che per i suoi numeri non può che assumersi la responsabilità principale della soluzione, ha tentato in tutti i modi, in questi mesi, di trovare le più larghe convergenze per approvare una nuova legge: ci è stata chiusa subito la porta sul ripristino del mattarellum, è stata cassata la prima proposta del rosatellum, abbiamo ripiegato a quel punto su un sistema analogo a quello tedesco, proporzionale puro con collegi e soglie di sbarramento. Ma quell’ipotesi è naufragata perché il m5s non ha rispettato l’accordo raggiunto in commissione, votando in aula un emendamento che faceva saltare quell’accordo, e causando così il naufragio della legge sotto i colpi dei voti segreti.

Oggi siamo con l’acqua alla gola, e in extremis siamo riusciti a raggiungere un accordo largo, che va ben oltre il perimetro della maggioranza, per un sistema elettorale che prevede collegi uninominali e liste proporzionali, una specie di mattarellum pur con mix diverso tra maggioritario e proporzionale.

Una legge perfetta? No di certo, una legge piena di limiti e difetti, di cui potremmo discutere a lungo.

Ma una legge che trova d’accordo l’intera maggioranza e parte rilevante dell’opposizione, che garantisce omogeneità di sistema tra camera e senato, che incentiva le coalizioni, che garantisce un apprezzabile effetto maggioritario, che riproduce, sia pure con equilibri diversi, un sistema già sperimentato come il mattarellum.

Di certo, e sfido a sostenere il contrario, una legge migliore di quella attualmente vigente, e priva di particolari profili di illegittimità o incostituzionalità.

Nelle condizioni in cui siamo, potevamo permetterci l’ennesimo naufragio? Io sono convinto di no, e non è un caso che Mattarella non si sia messo di traverso, né sulla legge, né sulla fiducia.

Insomma, approvare in questo modo la legge elettorale, per quanto non violi alcun precetto costituzionale, è certamente una forzatura. Ma l’alternativa sarebbe stata peggio.