Coloro che sperano che le riforme istituzionali naufraghino sono di due tipi. I primi sono coloro che hanno motivi esclusivamente politici. Vogliono affossare la legislatura, perché sperano di andare a elezioni ed ereditare la guida del paese. O vogliono affossare Renzi, e affidare il governo a un traghettatore, in modo che si concluda in fretta questa stagione di cambiamenti, soprattutto nel PD. Tra questi ovviamente c’è qualcuno della minoranza interna del PD. Ora, discutere con costoro della qualità o del tipo di riforme è del tutto inutile, perché il merito è lontano dalle loro teste. Se il governo e la maggioranza PD dicono bianco loro dicono nero, se gli uni sono guelfi gli altri diventano ghibellini, e così via. Non faccio nomi e cognomi, non ce n’è bisogno.
Vi sono però altri, anche nella minoranza PD, che hanno legittime e oneste preoccupazioni sul tipo di scenario istituzionale che la realizzazione di queste riforme può profilare per il paese.
In particolare la preoccupazione numero uno è che si realizzi un assetto troppo sbilanciato sull’esecutivo, che si rafforzino troppo le armi del partito di maggioranza, che si finisca per consegnare il paese ad un capo e tanti fedelissimi, che cessi il sistema di equilibri e contrappesi che ha caratterizzato il sistema italiano. Preoccupazioni, lo ripeto, serie e legittime, con le quali è doveroso confrontarsi. E alle quali io replicherei sottolinenando che per il rafforzamento dell’esecutivo, per elezioni che consentano di dare un vincitore sicuro e certo, per la differenziazione e il depotenziamento del senato passa la strada per liberare il paese della zavorra principale che gli ha fatto perdere competitività nel contesto internazionale. Una zavorra poco enfatizzata, che io identifico nella instabilità politica.
Il nostro sistema elettorale, il nostro bicameralismo paritario, producono governi deboli, ricattati in continuazione, impossibilitati a programmare un’agenda politica di medio periodo perché sempre in bilico, producono una legislazione di pessima qualità, fatta di rimaneggiamenti continui, di improvvisazioni, di compromessi infiniti.
È un sistema che impedisce riforme coraggiose, che svilisce il ruolo della politica e dei politici e rende sempre più forte quello dei grandi burocrati.
In un sistema tendenzialmente bipolare, e comunque competitivo e non consociativo, e in una società dinamica e fortemente esigente come quella attuale, è prioritario invece garantire le condizioni perché un governo eletto possa attuare il proprio programma per la durata di una legislatura, come accade pressoché in tutte le democrazie occidentali.
A ciò sono finalizzate le riforme. A far fare al paese un balzo in avanti enorme nella qualità del proprio assetto istituzionale, nella capacità di dare risposte, di fare riforme.
Senza questa nuova cornice la politica è destinata a rimanere sempre troppo debole, sotto scacco dei localismi, della burocrazia, della magistratura, dei media.
Sento l’obiezione. E se le elezioni le vince un Grillo o un Salvini?
La mia risposta è che sarebbe la scelta del popolo italiano, che occorre smetterla di considerare gli italiani incapaci di scegliere e dunque da mettere sotto tutela, deficienti se votano gli altri e intelligenti se votano noi. Se in un eventuale ballottaggio tra Renzi e Grillo vincesse Grillo, per dire, non sarei affatto contento, ma sarebbe la scelta degli italiani, e spetterebbe a lui l’onore e l’onere di guidare il paese. E sono certo che imparerebbe in fretta a stare dentro l’alveo delle regole e dei bilanciamenti democratici, come ha fatto il radicale Tsipras in Grecia.
Insomma, è ora di finirla con la sotterranea ma ricorrente idea che sia meglio limare le unghie all’esecutivo, sia meglio un sistema debole, perché ciò ci mette al riparo dai rischi di affidare il paese ad un leader incapace o antidemocratico. Non è solo questione di avere fiducia negli italiani, è che proprio non possiamo più permettercelo. Ed è per questo che io credo che le riforme in cantiere, che puntano a dare finalmente più stabilità politica all’Italia, per quanto imperfette debbano assolutamente essere approvate, senza paura.