È il destino di tutte le riforme ambiziose e complesse, quello di prestarsi a critiche anche aspre, che spesso uniscono posizioni apparentemente opposte.

Così è per la riforma del processo penale, che abbiamo approvato ieri in via definitiva dopo una gestazione di oltre tre anni.

Una riforma figlia delle proposte della commissione presieduta da un bravissimo magistrato, l’attuale primo presidente della corte di Cassazione Canzio, composta da tutte le categorie interessate, avvocati, giuristi, professori, giudici, e discussa per mesi e mesi alla camera dapprima in commissione e poi in aula, approdata al senato e li arenatasi tra veti incrociati fino alla decisione del governo di portarla in aula con la fiducia, infine giunta per la terza lettura alla camera ove l’abbiamo approvata ieri.

Suonano abbastanza paradossali, alla luce di questo iter, anzitutto le critiche sul metodo, che mettono nel mirino l’apposizione della fiducia, poiché ciò avrebbe compresso la discussione: dopo tre anni di confronto e stallo!

Quanto al merito, la riforma è assai ambiziosa e complessa, ed è giusto dire che molte critiche colgono spesso aspetti discutibili o migliorabili.

Ma non mi pare irrilevante sottolineare che mentre le camere penali, e una parte della destra, lamentano la compressione e il sacrificio delle garanzie degli imputati, una parte della magistratura e l’arco politico giustizialista, m5s in testa, lamentano esattamente l’opposto, ovvero un eccesso di garantismo contro le prerogative dell’accusa.

Questo per dire che non è facile per la politica muoversi su un terreno così lacerato e lacerante, e che in tutto ciò il governo e la maggioranza sono riusciti a percorrere una strada tutto sommato equilibrata.

Ma anche per rivendicare di essere riusciti a portare a termine, pur in un clima così difficile, una riforma della giustizia penale organica e ambiziosa, segnale positivo di una politica che tra mille contraddizioni, ritardi, discussioni, riesce comunque a traguardare obiettivi difficili ma ineludibili.

Cosa contiene dunque questa riforma?

Lo dirò in estrema sintesi e semplicità.

Misure deflattive, in particolare attraverso ritocchi della procedura, un rilancio dei riti alternativi, una ragionevole stretta delle impugnazioni di legittimità, un ampliamento del catalogo dei reati procedibili a querela, la nuova estinzione del reato tramite condotte riparatorie.

Inasprimento delle sanzioni per i reati predatori (come furti e rapine) aumentati in modo molto significativo negli ultimi anni, anche per evitare il fenomeno delle porte girevoli, ovvero l’immediata rimessione in libertà di colpevoli colti sul fatto.

Modifiche dell’ordinamento penitenziario, al fine di meglio garantire la finalità rieducativa della pena.

Modifica della disciplina delle intercettazioni, per cercare di meglio contemperare diversi principi costituzionali spesso in conflitto tra loro, il diritto di cronaca, le esigenze di giustizia, il diritto alla riservatezza.

Un ritocco al regime della prescrizione, che prevede una sospensione del suo decorso fino a tre anni, nel solo caso di condanna dell’imputato in primo e secondo grado. Norma criticata da destra e da sinistra per motivi esattamente opposti, che certamente lambisce il tema della durata ragionevole dei processi, ma che io ritengo, alla luce delle spinte contrapposte, non irragionevole, e che in parte è bilanciata dalla previsione di un limite temporale per i pubblici ministeri al fine di formulare la richiesta al gip nei confronti dell’indagato.

Norme sul processo a distanza, che prevedono non sia necessaria la presenza fisica dell’imputato quando ciò sia di ostacolo alla tempestiva celebrazione del processo: questione certamente critica, sulla quale sarà certamente opportuno ritornare anche alla luce della sua prima applicazione.

Non mi nascondo dietro un dito, so che ci sono aspetti discutibili nella riforma, in particolare gli ultimi due che ho citato.

Ma ritengo largamente prevalenti gli aspetti positivi e migliorativi del nostro sistema, e sono frontemente convinto, in questo come in tanti altri casi, che sia meglio, per il paese, per le nostre istituzioni, per la nostra credibilità, approvare riforme anche imperfette, piuttosto che naufragare nel nulla di fatto: troppo alto è il prezzo che il paese paga abitualmente all’inanità e alla indecisione della politica.

Ci sarà tempo eventualmente per rimediare. Intanto un importante passo avanti è stato fatto.