Questa settimana abbiamo concluso in commissione il lavoro sulla legge delega che riguarda la giustizia civile.Un lavoro articolato e complesso, che partiva da un disegno di legge delega estremamente generico e lacunoso, che è stato pertanto modificato dalla commissione in modo decisamente rilevante.
Io ho sempre pensato, e ho apertamente sostenuto anche durante le attività parlamentari, che i problemi della giustizia civile, ed in particolare quello principale, ovvero la straordinaria lentezza dei processi, sono dovuti a tanti fattori, ma non certo in via prioritaria alla struttura normativa dei processi, né tantomeno all’entità delle risorse impegnate.
Credo in altre parole che sia un errore pensare di risolvere questo problema così rilevante per l’efficienza complessiva del paese semplicemente intervenendo sulle regole del processo o agendo sulla leva delle risorse, ma serva piuttosto un complesso di miglioramenti di natura organizzativa e di allocazione e distribuzione delle risorse, come dimostrato in tante esperienze degli uffici giudiziari del paese.
Sotto questo profilo ritengo che il lavoro fatto dal capo dipartimento dell’organizzazione giudiziaria del ministero, Mario Barbuto, e cioè il tracciamento completo e omogeneo delle performance di tutti gli uffici giudiziari italiani, un lavoro mai fatto prima d’ora, costituisca la premessa più utile per individuare i percorsi migliori finalizzati a rendere più efficiente la nostra giustizia civile.
Ciò detto, sappiamo tuttavia che anche sull’organizzazione dei processi, e in particolare sugli aspetti di rilievo legislativo, vi sono spazi per interventi migliorativi volti a snellire, a sciogliere nodi, a dare flessibilità, ad accelerare anziché dilatare i tempi.
Ed è su questi aspetti, dunque, che la legge delega che abbiamo esaminato ha l’ambizione di intervenire.
Dicevo di un lavoro articolato, nel quale ho cercato di portare un contributo attraverso numerose proposte emendative, alcune delle quali hanno trovato accoglimento.
L’esito finale non riflette pienamente le mie ambizioni e i miei auspici, e tuttavia mi sento di dire che il testo che porteremo in aula rappresenta un buon punto di partenza per consentire una puntuale e ragionevole rivisitazione dei modelli processuali, per una migliore articolazione e specializzazione delle corti, per un incisivo intervento sulle procedure esecutive e sul processo telematico.
Ed è su questi due ultimi aspetti, in particolare, che alcuni dei miei emendamenti – che ritengo particolarmente significativi in quanto estremamente articolati, e redatti grazie ad un lavoro di messa a punto al quale hanno partecipato avvocati, magistrati, ufficiali giudiziari – hanno consentito di dare contenuti innovativi ad un testo che appariva in partenza estremamente fragile e inadeguato.
Mi auguro che nell’esame in aula, programmato per marzo, e nei successivi passaggi parlamentari, si possano apportare le correzioni di dettaglio al testo su alcuni punti ancora controversi, per arrivare entro l’estate o subito dopo all’approvazione definitiva di una legge decisamente rilevante nell’ambito della riforma della giustizia italiana che questo governo, a mio avviso, sta percorrendo con grande caparbietà, e anche con qualche non trascurabile risultato.
No Comments