La sentenza della Cassazione che condanna in via definitiva Berlusconi per il reato di frode fiscale costituisce un evento politico di grande rilevanza, di certo non paragonabile alle altre condanne già subite da leader del PDL. Per la prima volta infatti, e nonostante i reiterati tentativi di garantirsi una sostanziale impunità anche attraverso le famigerate norme ad personam, il cavaliere e’ stato riconosciuto colpevole con sentenza definitiva, e dunque esecutiva, di uno dei tanti reati contestatigli in questi anni. Un reato tra l’altro odioso per un politico, perché fondato sulla violazione del patto di fedeltà fiscale su cui si basa l’organizzazione delle istituzioni e la erogazione dei servizi, troppo spesso disatteso nel nostro paese.

La reazione alla sentenza, che pure poteva attendersi forte, e’ stata particolarmente virulenta, con attacchi pesanti alla magistratura e richiami alla mobilitazione elettorale, e qualche voce dal sen fuggita che ha evocato addirittura scenari da guerra civile. Ora, io capisco la reazione, e’ umanamente inevitabile, e capisco anche la sua intensità, poiché questa sentenza di fatto chiude nel peggior modo possibile vent’anni di politica italiana, macchiando indelebilmente l’onore e la reputazione di uno dei suoi protagonisti indiscussi.

Ma, a meno di voler sovvertire l’ordinamento democratico e istituzionale del nostro paese, non si può non rispettare e riconoscere la piena legittimità della decisione della magistratura, giunta dopo anni di giudizio durante i quali la difesa ha avuto a disposizione qualunque strumento, perfino quello legislativo, per opporsi alle ragioni dell’accusa, e assunta da ultimo, in cassazione, da un collegio valutato unanimemente equilibrato e tecnicamente preparato.

Da ciò discendono alcune conseguenze: la prima di natura squisitamente politica, riguarda il centrodestra, che davvero mi chiedo a questo punto come possa continuare a restare abbarbicato ad una figura che sta uscendo dalla scena politica in questo modo. Un segno di debolezza estrema che rivela la difficoltà in cui si dibatte oggi il PDL. La seconda riguarda gli effetti pratici della sentenza, che dovrà necessariamente portare alla declaratoria di decadenza dal seggio senatoriale, ovviamente con i tempi e le procedure di garanzia previste e di prassi, nonché alla successiva incandidabilita’ di Berlusconi. Si tratta di effetti ovvi e naturali, sui quali non possono esistere margini di discussione.

Quanto invece alle conseguenze sulla tenuta del governo, a me pare evidente che se i toni non verranno abbassati il Partito Democratico non potrà fare finta di nulla, rimanendo abbracciato dentro un’alleanza con un partito dominato da leader incapaci di mantenere la barra dritta sulle ragioni e gli obiettivi che hanno determinato questo esecutivo di necessità ed emergenza. Certo, il prezzo finirebbe con il pagarlo il paese, che dentro una nuova crisi politica vedrebbe svanire gli spiragli di inversione di tendenza che oggi si intravedono nella drammatica spirale recessiva dentro la quale siamo da tanti anni, e che potrebbero consolidarsi solo con la stabilità politica.

Ma deve essere molto chiaro che questo prezzo ricadrà integralmente sulle spalle di chi, in nome della sua personalissima vicenda giudiziaria, e incapace di separare la sua sorte individuale da quella delle istituzioni, avrà inteso trascinare l’intero paese dentro il buco nero di una crisi al buio.