In queste ultime settimane, in modo discreto, mi sono occupato della legge contro l’omofobia, in particolare tentando di trovare le soluzioni tecniche normative che mettessero in condizione la legge di ottenere il consenso più largo e condiviso possibile. Ho fatto dunque da raccordo tra Scalfarotto, relatore e proponente, ed un vasto mondo cattolico trasversale agli schieramenti, da Luigi Bobba a Ernesto Preziosi, da Milena Santerini a Edoardo Patriarca, da Michele Nicoletti a Paola Binetti, da Renato Balduzzi a Giuseppe Fioroni. La soluzione normativa trovata e’ a mio avviso soddisfacente. Ieri sulla proposta di legge sono intervenuto in aula. Qui di seguito il mio discorso:
“Presidente, colleghi,
giunge oggi in aula una proposta di legge di cui si discute da tanti anni, finalizzata ad inserire nel nostro ordinamento penale norme che tutelino omosessuali e transessuali da forme di discriminazione, odio e di violenza. Una proposta che ha come obiettivo di garantire una tutela rafforzata a favore di minoranze che sono storicamente nel mirino dell’intolleranza, ma che coinvolge temi importanti e delicati della nostra vita civile, che hanno a che fare con orientamenti sessuali e affettività, questioni dunque che vengono catalogate tra i temi eticamente sensibili.
Per questo, nel lungo, acceso e faticoso dibattito pubblico che ha accompagnato in tutti questi anni i tentativi del Parlamento di affrontare il tema si è assistito ad una progressiva radicalizzazione di posizioni, e sono stati usati spesso toni e argomenti forti e non di rado anche un po’ strumentali, di cui è rinvenibile qualche traccia anche nella discussione che si è avuta nelle settimane scorse in Commissione Giustizia.
Ricordo per un verso che molti hanno parlato, a proposito di questa disciplina, di norme di civiltà, richiamandosi ed appellandosi alle volte anche alla loro appartenenza religiosa, quasi ad attribuire patenti di esclusiva ispirazione etica e morale ai promotori, e così di fatto squalificando coloro che avanzavano anche in perfetta buona fede dubbi o perplessità.
Altri d’altro canto, hanno evocato il lobbismo del mondo omosessuale quale unica matrice della iniziativa normativa, disconoscendo fondamento agli obiettivi chiari e semplici della legge, e adombrando finalità di pura promozione di orientamenti sessuali ritenuti incompatibili con i principi su cui si regge la nostra comunità.
E di certo non mancherà oggi chi richiamerà Papa Francesco, e le parole da lui pronunciate a proposito dei gay, che a me pare invece non debbano correre il rischio di essere banalizzate all’interno di una contrapposizione prettamente politica.
Questa radicalizzazione, questo approccio spesso un po’ pregiudiziale ed in qualche misura ideologico al tema non ha di certo aiutato ad affrontare nel modo corretto le questioni delle quali ci dobbiamo occupare, e a ciò si deve in larga misura, io credo, il fatto che dopo molti anni ancora non si sia stati in grado di individuare soluzioni legislative equilibrate ed accettabili.
Allora vale la pena di fare una premessa, per ribadire qual è l’approccio che a me sembra il migliore per affrontare questioni così delicate. E vorrei al riguardo provare a rispolverare un termine, che per me rappresenta il criterio più importante al quale dovremmo informare la nostra attività di legislatori, vale a dire la laicità, lo sforzo di affrontare laicamente le questioni.
Che non deve esser intesa, si badi, come indifferenza ai valori in cui si crede, alle proprie convinzioni, ma proprio come criterio ispiratore dell’azione e delle scelte del legislatore, che deve sforzarsi di valutare i fenomeni ed i fatti umani in modo razionale e approfondito, rifuggendo ove possibile da approcci moralistici o moraleggianti, per valutare, laicamente appunto, l’opportunità di dare risposte legislative e in tal caso individuare le soluzioni più idonee ed equilibrate. E questo approccio vale tanto di più quando si ragiona di temi che coinvolgono le profonde convinzioni etiche e religiose di ciascuno, la propria soggettiva visione delle cose e del mondo.
In questi casi l’attitudine non può che essere quella di individuare le soluzioni più largamente condivise dentro il parlamento e fuori di esso, nella società italiana, quelle soluzioni cioè figlie di una sintesi alta, e non certo quelle che si possono coagulare attorno alle contingenti maggioranze politiche che di volta in volta si formano in parlamento, per loro natura effimere e volatili. Solo così infatti, solo con questo sforzo di reciproca comprensione, è possibile delineare le norme più solide e durature nel tempo, norme cioè che, proprio per gli argomenti eticamente sensibili che toccano e per la larga condivisione di cui sono figlie, possono avere l’ambizione di definire e delineare un fondamento civico e civile, una spina dorsale della nostra comunità.
E’ proprio alla luce di queste preliminari considerazioni, allora, che mi sento di poter dire che questo complessivo testo di legge, comprensivo degli emendamenti proposti dai relatori, che arriva dopo diversi tentativi che per successive approssimazioni ci hanno portato all’attuale proposta, è un testo largamente soddisfacente. In questa proposta io infatti ritrovo la sobrietà e la semplicità che sono proprie della chiarezza degli obiettivi del legislatore, ed insieme lo speciale riconoscimento di molte delle preoccupazioni, a mio avviso legittime e fondate, che erano state espresse dai perplessi e dai dubbiosi.
La legge allora propone di estendere le fattispecie di reato già previste dalle legge Reale, nonché l’aggravante di cui alle legge Mancino, che puniscono gli atti di discriminazione, odio e violenza causati da motivi etnici, nazionali, religiosi o razziali, alle condotte motivate da omofobia e transfobia. Una proposta normativa molto semplice, che non inventa nulla ma si inserisce in testi di legge già in vigore, con l’obiettivo di offrire una tutela particolare a beneficio di persone che per il loro orientamento sessuale sono spesso finiti nel mirino di avversione ed intolleranza.
E voglio dire a questo riguardo che io conosco gli argomenti di chi dubita che oggi in Italia sia ancora così acuta e pressante l’emergenza che riguarda la condizione delle persone omosessuali, in una società che anche recenti indagini attestano aver avuto una evoluzione certamente positiva, in termini di accettazione delle diversità, negli ultimi decenni.
E tuttavia a me pare non si possa in nessun modo dimenticare, non solo che fenomeni di scarsa tolleranza quando non di aperta ostilità sono ancora largamente presenti anche nella società italiana, ma anche che una tutela rafforzata appare in linea con le raccomandazioni provenienti da numerosi enti ed istituzioni internazionali, da Amnesty international al Parlamento Europeo fino all’ONU, ed e’ altresì coerente con una delle priorità del Programma di Stoccolma in tema di libertà, sicurezza e giustizia, adottato dal Consiglio Europeo nel dicembre 2009 per gli anni 2010 2014, che espressamente ha riconosciuto che “poiché la diversità è una fonte di ricchezza per l’Unione, l’Unione e gli stati membri devono garantire un ambiente sicuro in cui le differenze siano rispettate e i più vulnerabili siano tutelati. Occorre continuare a lottare con determinazione contro le discriminazioni, il razzismo, l’antisemitismo, la xenofobia e l’omofobia”.
Una tutela, dunque, che non può essere sminuita, denegata o messa in discussione, neppure richiamando altre categorie di persone, dai disabili ai menomati di qualunque natura, che meriterebbero analoghe previsioni, poiché non vi è dubbio che quei fenomeni di intolleranza ed ostilità che hanno riguardato il mondo omosessuale in genere, abbiano avuto in passato ed in parte ancora oggi caratteristiche spesso endemiche e socialmente diffuse, ciò che dunque giustifica una speciale protezione normativa, come d’altro canto raccomandato dalle istituzioni ed enti internazionali prima ricordati.
Accanto a ciò, peraltro, grazie a quello sforzo ed attitudine alla ricerca di una larga condivisione, anche al di là ed oltre gli steccati ed i confini delle proprie appartenenze, e lasciatemi dire grazie al lavoro costruttivo che ha unito i proponenti, i relatori, e una presenza cattolica che io definirei mite ed attenta diffusa in tutti gli schieramenti, grazie a tutto questo a quel testo semplice, a quegli obiettivi chiari, si è pensato di aggiungere una speciale scriminante volta a garantire la compatibilità tra tutele e libertà di opinione, tra repressione e libera manifestazione di orientamenti culturali e opzioni legislative.
Una scriminante quindi di natura eminentemente liberale, e che punta ad evitare quei rischi paventati da molti, e cioè che questa legge, i cui obiettivi e finalità sono chiari e direi largamente condivisi, possa diventare pretesto o grimaldello per impedire o limitare il libero dibattito civile e politico in ordine a scelte che, in particolare, coinvolgono orientamenti sessuali, affettività e diritto di famiglia, temi come matrimonio, filiazione, adozione.
Temi sui quali il confronto, così come avviene in tutte le democrazie, deve essere aperto e libero, e le scelte ed opzioni non costrette o compromesse dentro una nozione di discriminazione che, se riferita agli orientamenti sessuali e male intesa, correrebbe il rischio di predisporre a soluzioni forzate, anche di natura normativa.
In tutto ciò dunque, in questa semplice proposta di legge che tenta di dare una risposta attesa da molti settori dell’opinione pubblica italiana ed internazionale, e non solo dalla comunità omosessuale, ed insieme a rassicurare e fugare i dubbi e le perplessità non privi di fondamento manifestati da tanti altri mondi vitali della società italiana, io trovo allora le premesse per una soluzione vera e possibile, per un esito una volta tanto all’altezza di un tema impegnativo ed eticamente delicato, per una prova non trascurabile di intelligenza, spirito unitario e collaborativo del mondo politico, che sono certo produrrà effetti positivi anche sul senso di comune appartenenza alla nostra comunità civile”.