Alla scorsa direzione nazionale Renzi, nel parlare delle prospettive del partito democratico e del suo modo di rappresentare la società italiana, ha evocato il partito della nazione. Ma cosa significa partito della nazione, ed è verosimile che tale evocazione alluda ad un superamento del partito democratico? Io credo proprio di no.

Ricordo che fu Nino Andreatta, uno dei padri dell’Ulivo e dei grandi teorizzatori del partito democratico, che allorché il PD nacque ne descrisse le ambizioni e la prospettiva parlando di ‘country party’, di partito del paese, individuando nella capacità di essere realmente interclassista e trasversale, come era stata in qualche modo la democrazia cristiana, la sua mission. Andreatta pensava cioè che il partito democratico avesse il compito di completare il traghettamento della variegata sinistra italiana, iniziato con l’Ulivo, fuori dalle secche del novecento, trasformando i vecchi partiti e facendoli uscire dai recinti e confini della rappresentanza tradizionale dei mondi di riferimento, e dagli irrigidimenti e incrostazioni retaggi di ideologie tramontate.

Il partito democratico avrebbe dunque accompagnato per mano una sinistra stanca e invecchiata dentro la modernità, aggiornando le sue modalità di presenza nell’opinione pubblica, informando le sue scelte politiche all’interesse del paese prima che delle categorie più vicine, introducendo dosi di pragmatismo figlie di una cultura di governo solida e profonda. Ovviamente non pensava, Andreatta, che tutto ciò dovesse accompagnarsi alla perdita dei valori di riferimento, affondati nelle radici delle culture politiche che avevano animato l’Ulivo, e tuttavia sapeva che solo attraverso una profonda trasformazione culturale, solo diventando davvero un partito capace di parlare all’intero paese, fuori e oltre ogni scontro ideologico o di classe, quei valori avrebbero avuto una chance di diventare una proposta politica in grado di sedurre la maggioranza degli italiani.

Io credo che, pur con tutti i suoi limiti e difetti, i suoi errori e le sue difficoltà, l’avvento di Renzi abbia segnato il vero spartiacque sul quale quel partito democratico immaginato da Andreatta, e da tanti altri con lui, ha cominciato a prendere forma. Un partito attrattivo, interclassista, capace di aggregare mondi che la sinistra tradizionale non era riuscita a intercettare, da quelli legati alla sinistra sociale ad altri più vicini alla borghesia industriale e professionale, in grado di raccogliere consensi insperati anche in territori che sembravano impermeabili ad ogni proposta di modernizzazione della società. Un partito moderno, coerente con le sue ambizioni, finalmente in grado di essere maggioritario nel paese. Come preconizzava Andreatta, e come ripete oggi Renzi, un country party ovvero un partito della nazione.
Più esattamente e semplicemente, il partito democratico.