I dati sulla crescita pubblicati oggi dall’istat rappresentano un doccia fredda sulle speranze e le aspettative del paese. La diminuzione del pil per il secondo trimestre consecutivo non solo significa da un punto di vista tecnico che siamo riprecipitati in recessione, ma indica soprattutto che siamo ancora lontani dall’aver riavviato i motori per uscire dalla crisi che morde il paese da almeno 6 anni.

Era legittimo sperare che alcune delle misure prese in questi mesi, dal pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, alla riduzione della trattenute fiscali sui redditi dei lavoratori dipendenti, rimettendo nel circuito economico risorse ingenti potessero avviare un circuito virtuoso.
Ma è evidente che tutto ciò non basta, e che fino a quando non si affronteranno in modo deciso le vere riforme di sistema, dalla sburocratizzazione al mercato del lavoro, dalla semplificazione fiscale al miglioramento della giustizia, fino alla semplificazione dell’assetto istituzionale, quei nodi cioè che hanno zavorrato il nostro paese negli ultimi vent’anni, fino a quando tutto ciò non sarà aggredito in modo deciso, non ci tireremo fuori.

In tutto ciò, occorre tenere i nervi saldi, soprattutto noi che abbiamo sulle spalle l’onere delle risposte attese.
Non possiamo permetterci deviazioni o scorciatoie, occorre la consapevolezza e la serietà degli uomini di stato.
Chi ventila la possibilità di elezioni anticipate, per capitalizzare un consenso che ancora resiste su Renzi, si fa suggestionare da sirene sbagliate e pericolose, che rischiano di farci deragliare definitivamente. Sarebbero il segno dell’ennesimo fallimento, da cui nessuno si salverebbe, e getterebbero il paese nuovamente nell’incertezza politica, uno dei nostri mali endemici da combattere.

E’ in questo momento, invece, che misureremo la statura politica vera di Matteo Renzi, la sua capacità di navigare in acque difficili con mano ferma e capacità di visione, le sue qualità di maratoneta, per traghettarci fuori dalla tempesta