Non è mai facile leggere nelle elezioni amministrative tendenze politiche di fondo.
Troppe sono le peculiarità di ogni singola città, di ogni singola realtà locale, di ogni singolo candidato per poter trarre indicazioni univoche.
E tuttavia è fuori di dubbio che un test elettorale che ha coinvolto oltre 13 milioni di persone ha una sua valenza politica, che occorre cercare di interpretare, pur con tutte le doverose cautele del caso.
Allora in un quadro certamente non allarmante per il partito democratico, che si conferma di gran lunga il partito meglio radicato e distribuito nel paese, e che si contende quasi ovunque la leadership e la vittoria nei comuni, io scorgo alcuni segnali di difficoltà che sarebbe sbagliato sottovalutare.
Intanto fa abbastanza impressione constatare, soprattutto nel nord del paese, che un centrodestra dilaniato dai conflitti interni, sbrindellato, privo di vera guida e leadership in questo momento, riesce a recuperare centralità, soprattutto nei piccoli e medi comuni, ma anche a Milano, nel momento in cui si presenta unito.
Sembra dunque in procinto di tornare in sella quel blocco forzaleghista che ha dominato per tanti anni e ancora esiste nella provincia del nord, e che la prepotente entrata in scena di Renzi aveva tramortito. E parallelamente il PD sembra ritirarsi nelle ridotte tradizionali, abbandonando le posizioni che aveva insperatamente raggiunto solo un paio di anni fa.
Accanto a ciò non si può non constatare la forza del M5s. È ben vero che nella stragrande maggioranza dei comuni il movimento appare ben poca cosa, e riesce a contendere la vittoria finale solo in una manciata di essi. Ma non si può trascurare la valenza simbolica di risultati come quelli di Roma e Torino, né la sensazione che una parte della carica innovativa che il pd renziano aveva portato sulla scena politica si sia appannata a vantaggio delle giovani leve incarnate dall’immagine di Raggi e Appendino.
Sono segnali, per ora. Ma da non sottovalutare.
E che a mio avviso mettono a nudo una debolezza dell’esperienza, per me straordinaria, della segreteria di Matteo Renzi.
E cioè l’assenza di una traiettoria politica chiara, di un tragitto e di una parabola nella quale iscrivere il percorso del partito democratico renziano, che non sia legata a doppio filo alla parabola personale del suo leader.
Questa esperienza di innovazione nella cultura politica del centrosinistra, che io continuo a sostenere abbia consentito finalmente e per la prima volta al partito democratico di essere all’altezza delle sue ambizioni, e che è figlia del talento e delle doti di Matteo Renzi, non può contentarsi, se vuole incidere davvero, se vuole durare nel tempo, se vuole consolidarsi, di vivere alla giornata.
Non tutto può derivare e fatto dipendere dalle scelte e dall’azione di governo, non tutto può essere legato alle maggioranze e ai numeri da raccogliere in parlamento, non tutto può fondarsi su scelte personali.
Occorre consolidare una cultura politica nuova che si accompagni allo sforzo coraggioso e meritorio di questo governo e del suo presidente del consiglio, occorre un orizzonte largo e lungo dentro cui iscrivere le azioni di oggi.
Occorre un orizzonte politico.
E per questo occorre un partito all’altezza, una classe dirigente all’altezza, in grado di pungolare e supportare il governo, in grado di coinvolgere le migliori intelligenze del paese nella discussione di un progetto, in grado di far sentire protagonisti militanti e simpatizzanti, in grado di indicare una prospettiva nuova per il paese.
L’esperienza della legge sulle unioni civili è per me emblematica di un modo di procedere rischioso, di una incapacità di cercare punti di mediazione tra culture diverse, di una improvvisazione che solo per un soffio e una finale e salutare resipiscenza non ha prodotto lacerazioni interne profonde.
Non possiamo accontentarci di procedere in questo modo, mettendo a rischio tutto il bagaglio di conquiste in termini di approccio alla politica, di cultura di governo, di capacità di interlocuzione , che la leadership di Renzi ha portato con se.
Occorre dare maggiore profondità, forza e prospettiva a questa nuova stagione, con il PD e attraverso il PD.
Occorre che il PD renziano diventi adulto.