Sono dispiaciuto, ovviamente.

Non tanto per me, per noi, per Renzi, per il pd, ma soprattutto per il paese.

Resto infatti tenacemente convinto che questa fosse davvero una grande occasione per dare al nostro paese istituzioni più stabili, semplici ed efficienti, pur con tutti i limiti e i difetti che la riforma si portava dietro. E sono convinto che tra non molto, esaurite le tossine di questa campagna, si comincerà a guardare con rimpianto a questo passaggio.

Ma, come si è capito, non si è votato sulla riforma.

Si è votato su Matteo Renzi.

E se ciò è capitato, se cioè il giudizio su una riforma della costituzione che avrebbe dato all’Italia un sistema migliore, si è trasformato in un giudizio personale, ebbene occorre riconoscere che ciò è dipeso anche da tanti nostri errori.

Non solo l’errore capitale della personalizzazione, cui ha dato avvio proprio colui che avrebbe dovuto scansarla come la peste, ma anche l’esercizio di una leadership che, come ho avuto modo di sostenere pubblicamente non più tardi del giugno scorso, dopo le elezioni amministrative, si è fatta troppo personalistica ed esclusiva per poter gestire passaggi che invece andavano condivisi più largamente.

Insomma, ci siamo infilati in una battaglia da soli contro tutti, e non siamo riusciti a liberarci da questa sorta di giudizio divino sul presidente del consiglio che ha finito per imprigionare e travolgere la riforma, la buona riforma che avevamo proposto al paese.

E con la riforma è stato travolto anche il governo che l’aveva proposta, e ha subito un colpo esiziale anche la legislatura che su quell’obiettivo si era faticosamente consolidata.

Ora però nervi saldi.

La storia non è finita ieri, e il partito democratico, che conserva la maggioranza relativa in parlamento, ha l’onore e l’onere di gestire con responsabilità la transizione.

Le elezioni sono inevitabili, e devono arrivare il più presto possibile.

Ma non prima di una nuova legge elettorale, poiché quella attualmente in vigore non vale per il Senato, e possibilmente non prima di un congresso del partito democratico, da celebrarsi rapidamente.

Quella sarà l’occasione per fare una riflessione politica sulle tante cose buone fatte in questi anni, sui nostri errori, e sul modo di stare dentro un partito con lealtà e correttezza.

Io credo fermamente che questa stagione sia stata positiva. Credo fermamente che l’innovazione che ha portato Matteo Renzi nella politica italiana, e nel partito democratico, siano un punto fermo da cui ripartire. Credo che quel 40% di voti raccolti in questa ordalia siano una bella base su cui ricostruire.

Impariamo dai nostri errori e ripartiamo, non disperdiamo quanto di buono costruito fin qui.

La nostra società incattivita, impaurita e priva di speranza credo meriti che si tenti una risposta inclusiva, ragionevole, di lungo respiro, e non di pura pancia.

Spero che Matteo Renzi sappia rimettersi in gioco ed esercitare la sua responsabilità con saggezza e lungimiranza anche in questo momento per lui difficile. Da questa esperienza può riemergere più forte.