In queste ultime settimane, durante i miei giri nei circoli del PD della provincia, andavo ripetendo ai militanti disorientati dalle vicende nazionali una mia forte convinzione, che i risultati elettorali hanno confermato. Il Partito Democratico è un partito diffuso su tutto il territorio nazionale, formato da una spina dorsale di migliaia di circoli, di centinaia di migliaia di volontari, può contare sulle competenze e capacità di tanti bravi amministratori. È un albero grande, solido, le cui radici affondano nella grande intuizione che fu l’Ulivo, il grande incontro tra le culture democratiche e popolari che emersero dalle ceneri della seconda guerra mondiale.
È in altre parole un partito molto più forte di quanto si sia portati alle volte a pensare, in grado di resistere anche a forti tempeste e episodi avversi, perché radicato nella storia italiana, e formato dunque sui tempi lunghi della storia. Non è un incidente di percorso della democrazia italiana. E’ un dato che non dobbiamo mai dimenticare, anche nei momenti più complicati e difficili.
Ed è una ragione per la quale, lo dico a tutti coloro che si riconoscono in questo largo perimetro, si può cercare di aggregare una maggioranza di consensi attorno alle proprie idee dentro il partito, ma bisogna essere pronti anche ad essere minoranza interna se cio’ succede, senza mai farsi tentare dalla scorciatoia seducente ma sbagliata di andarsene per fare altro. Una convinzione, fatemi dire, che ha mosso le scelte di Renzi ieri, quando ha deciso di sostenere lealmente Bersani una volta perse le primarie, e che vorrei fosse fatta propria da chi, domani, dovesse trovarsi nelle stesse condizioni.
Solo sentendoci tutti parte di una grande impresa collettiva, di un progetto pensato e costruito per accompagnare un lungo tratto della storia italiana, potremo affrontare in modo corretto e sereno le scelte e le discussioni che dovremo affrontare, anche quelle di natura congressuale.
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