Non c’è dubbio: quella di domenica è stata una bella pagina di democrazia.

Una affluenza ben superiore alle aspettative, quasi due milioni di persone, la consueta generosità di militanti che hanno tenuto aperti seggi diffusi e distribuiti lungo tutta la penisola, testimonianza della qualità e del radicamento del partito democratico.

E poi, certo, un esito chiaro, la rilegittimazione di un leader, Matteo Renzi, attorno al quale militanti e simpatizzanti si sono stretti, consapevoli che lui oggi rappresenta ancora l’unica vera opportunità per dare al paese un governo riformista e all’altezza delle difficoltà.

Bene così dunque. Ma consapevoli che il difficile arriva ora.

Lasciate alle spalle le tossine di un post referendum difficile, poi di una scissione, e infine di una campagna congressuale civile ma serrata, è ora il tempo di guardare avanti, uniti e compatti.
Tante sono le questioni che il neo segretario deve affrontare, in vista dell’approssimarsi di una scadenza elettorale delicatissima.
Ne indico tre.

1) Il partito e il modo di esercitare la leadership.
Uno degli errori che è stato imputato, a mio avviso a ragione, alla passata gestione del pd da parte di Renzi è stato un eccesso di solitudine e di autoreferenzialita’. Su questo occorre un cambio di direzione. Renzi deve capire che il suo talento, la sua energia, le sue intuizioni hanno bisogno di essere accompagnati, di essere supportati e trovare sintesi in un confronto vero e serio. Non si governa da soli un paese. Allora il partito deve essere un luogo di coinvolgimento vero, la segreteria deve essere fatta da persone autorevoli non da figurine (i sindaci, tanto per essere chiari, facciano il loro mestiere e non vengano caricati di ruoli per i quali non hanno tempo), occorre attrezzare un’area di elaborazione e pensiero che faccia rete, che dia profondità e prospettiva a questa stagione politica, e che coinvolga le eccellenze che ruotano dentro e attorno al partito.

2) La legge elettorale
Inutile girarci attorno. Si possono fare tutti i programmi più belli del mondo, si può proporre al paese la più seducente proposta politica, ma senza un assetto istituzionale che consenta di realizzarli il tutto diventa un esercizio sterile e finto.
La proposta di riforma costituzionale bocciata dal referendum aveva esattamente quell’obiettivo, sacrosanto. Ma bocciata quella non possiamo rassegnarci al ritorno al passato, anzi ad un futuro peggiore del passato remoto. Quello che ci attende ove andassimo al voto con la legge elettorale attuale, un proporzionale che consegnerebbe al paese un parlamento frammentato, una endemica instabilità. Un incubo, per un paese che ha bisogno di una politica forte in grado di fare riforme serie.
Allora questa rimane la priorità delle priorità.
Vogliamo tenerci il proporzionale? Bene, allora si proponga di introdurre la sfiducia costruttiva, come in Germania. Basterebbe cambiare mezzo articolo della costituzione, si potrebbe fare in sei mesi, e si darebbe stabilità al sistema senza alcun pregiudizio alla rappresentatività.
Si vuole puntare su maggioritario? Allora occorre essere conseguenti, e decidere di marciare in quella direzione, valutando l’interlocutore con cui trattare, il m5s se si preferisce ragionare di premio alla lista, magari ritagliando collegi più piccoli, oppure con forza Italia se si intende ipotizzare un premio alla coalizione.
Ma occorre che Renzi metta in campo una iniziativa politica forte, esattamente come fece nel 2013, subito dopo l’elezione a segretario, con il patto del Nazareno, avendo come obiettivo l’unico che ci deve stare a cuore: garantire al paese un sistema che offra chance di stabilità politica, e non il contrario come oggi.

3) Il rapporto con il governo
Il governo Gentiloni, il nostro governo, una sorta di governo Renzi senza Renzi, sta portando a termine tante iniziative e riforme già intraprese da quello passato. Lo sta facendo in modo ordinato, senza guizzi ma con un profilo sobrio e serio che si addice alla situazione. Ma ha dinanzi a se anche sfide assai complicate. Prima fra tutte la prossima legge di stabilità, che dovrà essere approvata entro l’anno, e sull’onda della quale si arriverà a fine legislatura.
Quella legge sarà figlia, nel suo equilibrio tra rigore e misure espansive, del negoziato che si intraprenderà con l’Europa.
Avrà la forza sufficiente, questo governo, col supporto di Renzi, per affrontare il negoziato e garantire una manovra sufficientemente espansiva? Conviene anticipare i tempi delle elezioni prima di allora, o è il caso di lasciare decantare la situazione politica, in attesa che maturino i risultati delle scelte di questi anni, e magari cambi un po’ anche il clima e cessi si soffiare così forte il vento dei populismi?
Io sono di questo secondo avviso, credo che Renzi abbia la possibilità di aiutare Gentiloni a trovare il giusto rapporto con l’Europa, penso che le elezioni in Francia e Germania possano aiutare l’Europa a cambiare, ritengo che il governo sia in grado di portare a termine riforme utili (penso a povertà e giustizia), e penso che tutto ciò possa fare cambiare l’inerzia politica anche in Italia.
Certo non dipende tutto da noi, e bisogna essere pronti a ogni evenienza.
Ma su questa strada occorrerebbe incamminarsi senza infingimenti.

In conclusione, Renzi ha in mano un’altra possibilità. Ma è anche l’ultima.
Sono persuaso che avrà l’intelligenza, e perché no anche l’umiltà, per giocarla al meglio, nell’interesse del pd ma soprattutto del paese.
Io sarò ancora al suo fianco.