Chi legge questo blog, o ha avuto modo di sentirmi negli ultimi mesi, sa bene che io ritengo quello della legge elettorale un tema decisivo, per quanto poco seducente o interessante per la stragrande maggioranza degli italiani, giustamente interessati e attenti a questioni ben più concrete.

Ma chi si occupa di istituzioni e politica sa bene che il modo in cui si trasformano i voti in seggi, ossia la legge elettorale, è un tecnicismo decisivo per scegliere come funziona la democrazia.

Basti pensare a quanto ha influito, per dare stabilità e solida prospettiva ai governi locali, l’introduzione della legge a doppio turno per la scelta dei sindaci.

Il tema è tanto più rilevante per le elezioni politiche nazionali, perché la stabilità delle maggioranze parlamentari, e dunque degli esecutivi, è una precondizione per poter fare politiche di lungo periodo, capaci anche di misurarsi con difficoltà di consenso iniziali o con reazioni emotive così frequenti nella nostra opinione pubblica.

Dopo l’esito referendario, con la bocciatura della riforma costituzionale, e poi l’Intervento della corte sull’italicum, ci troviamo oggi con un sistema bicamerale paritario, e due leggi proporzionali con soglie di accesso e riparto dei seggi diverse: la ricetta perfetta per garantire l’instabilità politica permanente.
Un rischio che nessuna democrazia, e tantomeno un paese in faticosa uscita da una crisi profonda come il nostro può permettersi.

Dopo un periodo di stallo, in cui il partito democratico è stato alle prese con il proprio congresso, e gli altri partiti si sono limitati a fare interdizione, finalmente, come era nei miei auspici, il segretario rieletto ha preso una iniziativa.

Il pd ha deciso, in modo compatto, di puntare su un sistema ad impianto maggioritario, simile al vecchio mattarellum, che prevede di eleggere metà dei parlamentari in collegi piccoli uninominali, e l’altra metà in liste corte bloccate con sistema proporzionale.

Un sistema che combina le virtù dei collegi, ove viene eletto il candidato migliore, con un riparto proporzionale, che garantisce la rappresentanza, e che pur non assicurando in anticipo un vincitore delle elezioni, come sarebbe nel caso del doppio turno, garantisce un apprezzabile effetto maggioritario, con un ragionevole premio implicito al partito più forte.

Un sistema a prova di costituzionalità, che rappresenterebbe un enorme passo avanti per il paese, per il sistema istituzionale, per la qualità della nostra democrazia.

Sappiamo che non sarà facile convincere gli altri partiti, tutti alla ricerca del sistema migliore per se, ma la strada intrapresa è quella giusta, e già da ora ha guadagnato i consensi della lega nord, e di gruppi minori.

L’obiettivo è portare la legge in aula alla camera, ove i numeri sono solidi, allargando il più possibile i consensi, e poi approdare al senato, e li mettere partiti e partitini ostili di fronte alle loro responsabilità.

Nel caso in cui la proposta dovesse essere bocciata, sarà chiaro al paese di chi sia la responsabilità dello stallo e della palude in cui rischia di precipitare il paese.

Gambe in spalla, allora, è tempo di rimettere mano alle riforme di sistema che diano all’Italia un futuro meno incerto.