Il 6 dicembre intervenivo in aula per commentare la legge di bilancio, pronta al voto in prima lettura dopo un lungo lavoro in commissione, sottolineando che, in realtà, tutto il lavoro fatto, e anche la discussione, erano inutili, dal momento che sapevamo tutti che la manovra sarebbe cambiata radicalmente.
Il governo infatti, dopo aver proclamato ed essersi vantato di violare le regole di bilancio europee, ed essere stato ammonito almeno da fine ottobre dalla commissione europea che rischiava una procedura di infrazione, aveva annunciato il clamoroso e repentino passo indietro, spaventato dal crollo di fiducia di mercati e investitori, iniziando una trattativa con l’Europa destinata a riportare i saldi di bilancio all’interno delle regole.
Una trattativa iniziata in extremis, a dicembre inoltrato, dopo i mille avvertimenti ricevuti dall’Europa, con pochi giorni davanti per evitare l’esercizio provvisorio.
Intanto dalla camera veniva approvata una legge farlocca, che approdava al senato.
Ma la trattativa con Bruxelles si concludeva solo il 20 dicembre, tanto che la legge veniva votata il 22 dicembre al senato con un maxi emendamento presentato in aula che la stravolgeva integralmente, a quel punto senza alcuna discussione, senza alcun emendamento, senza alcun ruolo effettivo dei senatori di maggioranza e di minoranza.
Una sorta di ratifica.
Che si è riprodotta pari pari alla camera nella terza lettura. Un esame frettoloso in commissione, nessun voto su emendamenti, una discussione veloce in aula e poi, zac!, la fiducia, che ha troncato ogni confronto.
Detto in sintesi: per la spacconata del deficit al 2,4%, procrastinata ogni oltre ragionevolezza, e la ritirata con coda tra le gambe giusto in extremis, il governo ha di fatto impedito, per la prima volta, alle camere di esaminare, discutere, ed emendare la più importante legge di programmazione economica del paese.
Il che, fatto da chi si ergeva a paladino del popolo e della democrazia, da chi nella scorsa legislatura assaltava i banchi del governo ad ogni fiducia richiesta, da chi ha sempre accusato noi di pregiudicare la centralità delle camere, è una bella contraddizione o, per meglio dire, un vergognoso voltafaccia.
Che sarebbe forse meno indigesto e sinistro se non provenisse proprio da coloro che hanno tutto l’interesse a screditare, a svuotare il ruolo del parlamento in nome del superamento della democrazia rappresentativa.
C’è da tenere alta la guardia, non credete?