Non mi sento si gettare la croce sugli abitanti di Goro, sui barricadieri che hanno impedito l’arrivo di alcune donne e bambini richiedenti asilo nell’ostello del loro paese.

Non credo siano tutti razzisti, sono certo che vi sono tra loro persone perbene.

Non mi accontento insomma del facile giudizio morale che distingue i buoni dai cattivi con una linea retta.

Certo fa riflettere, e suscita interrogativi questa amara vicenda.

Perché ci mette a confronto con il grado di preoccupazione che oramai attraversa le nostre comunità rispetto ad un fenomeno dalle dimensioni imponenti, che fatichiamo a gestire, e che sta stressando, sfibrando, mettendo a dura prova le virtù civili, solidali e accoglienti che sono patrimonio indiscusso della nostra storia.

La politica fatica a trovare le soluzioni, fatica a trovare un equilibrio tra spinte opposte che trascurano da un lato le esigenze di solidarietà iscritte nella millenaria storia dell’uomo e della civiltà giuridica, e dall’altro le regole per garantire un corretto esercizio dei diritti di rifugiato e di una convivenza tollerabile.

È difficile trovare parole sagge ed equilibrate in questo frangente, tra poli estremi che cavalcano gli eventi per puro tornaconto immediato, trascurando la realtà dei fatti, la concretezza dei problemi.

Ma i dati di realtà hanno una loro ostinata forza. Ricordiamoli:

– il fenomeno migratorio attuale, secondo i dati delle nazioni unite, riguarda oltre 65 milioni di persone, il più imponente dalla seconda guerra mondiale;

– l’Europa, e l’Italia in particolare, costituiscono insieme la frontiera ma anche l’obiettivo di approdo dei migranti;

– i numeri degli arrivi sulle nostre coste in questi ultimi anni non è variato significativamente, perché molte altre sono state le rotte e i percorsi, e tuttavia il nuovo meccanismo di riconoscimento e identificazione adottato dal nostro paese oggi impedisce ai migranti di muoversi verso altri paesi europei, come accadeva fino a ieri, aggravando così i problemi di accoglienza e gestione interna;

– infatti per questo motivo sono raddoppiate in questi ultimi mesi le richieste di asilo in Italia.

È ovvio dunque che il problema è globale, che l’Italia non può risolverlo da solo, e che occorre una strategia complessiva e sovranazionale.

Ma intanto occorre fronteggiare questa emergenza, e occorre farlo con una organizzazione e una pianificazione che eviti di alimentare contrapposizioni, paure, conflitti, che portano all’esasperazione le comunità.

Occorre che la politica sia responsabile, che affronti e non nasconda problemi, necessità e timori.

Possono allora i sindaci, soprattutto quando sono targati e all’opposizione del governo in carica, voltarsi dall’altra parte, fare finta di niente, sottrarsi a qualunque condivisione di responsabilità, obbligando così i prefetti a fare i salti mortali?

E d’altro canto si può ignorare la circostanza che la gran parte dei richiedenti asilo non ne ha diritto, e che è dunque destinata a rimanere in territorio europeo andando ad ingrossare le fila della clandestinità?

So che viviamo in un’epoca che privilegia e premia chi specula politicamente su queste vicende, ma so anche che non saranno mai costoro ad offrire risposte e soluzioni, e che dunque occorre con ostinazione percorrere la strada della ragione e dell’equilibrio