Attorno alla drammatica vicenda del povero pensionato suicida per aver perso i suoi soldi investiti nelle obbligazioni della banche dissestate, si possono scorgere tutti i vizi della nostra italietta, vizi pubblici e privati.Risparmiatori facilmente raggirabili, ingolositi da prodotti finanziari con interessi assai elevati, dunque molto rischiosi, pronti a investire tutti i loro risparmi in quei prodotti pur di garantirsi rendimenti importanti, magari rassicurati da intermediari con pochi scrupoli.

Un sistema di controlli inefficace ed inefficiente, con autorità di vigilanza quanto meno miopi, non in grado di prevenire ed evitare il dissesto di istituti bancari, non in grado di mettere al riparo gli investitori privati da prodotti finanziari di natura speculativa emessi da quegli stessi istituti traballanti.

E dulcis in fundo la nostra solita giustizia italiana, un pm zelante, e forse in cerca di visibilità facile, che nel clamore mediatico seguente il suicidio del pensionato non trova di meglio che aprire un fascicolo per indagare sull’ipotesi di ‘istigazione al suicidio’. Un reato che punisce chi intenzionalmente induce taluno a togliersi la vita. Ohibò, e chi sarebbe l’imputato? Il presidente della Banca d’Italia? il presidente del consiglio dei ministri? I funzionari della banca insolvente?

In tutto questo la politica cerca di metterci una pezza come può, facendo errori, certo, ma con i limiti dovuti ai parametri rigidi consentiti dall’Europa, e al fatto che i buoi sono oramai usciti dalla stalla. Ma naturalmente sui giornali, e nell’opinione pubblica, la politica anche quando c’entra poco è sempre la madre di tutti i responsabili, il capro espiatorio sul quale scaricare tutte le colpe, il facile bersaglio di tutti i moralizzatori.

Insomma, una sorta di apologo della nostra italietta, incapace di liberarsi di quei vizi figli del nostro carattere nazionale, di quella mancanza di senso delle istituzioni, di senso di appartenenza, di senso del dovere che corrode il tessuto connettivo della paese.