Dunque l’ansia moralizzatrice di certi procuratori italiani, figli della scuola di Davigo, non riguarda solo la politica italiana, ma ha uno sguardo mondiale.
Giunge notizia oggi che la procura di Trani (e già uno potrebbe chiedersi come mai ci sia una procura in una cittadina di 50.000 abitanti) ha deciso di incriminare per manipolazione del mercato i vertici di Deutsche Bank, ovvero il presidente, due amministratori delegati, un direttore finanziario.
L’accusa mossa al colosso bancario sarebbe quella di aver aggravato la crisi del debito sovrano italiano attraverso la vendita massiccia di titoli del debito pubblico nel 2011.
Per questo nei giorni scorsi i finanzieri si sono presentati presso la sede italiana della banca e hanno proceduto a sequestrare documenti.
Ora, la procura di Trani è quella stessa che da qualche anno ha aperto un procedimento, per gli stessi reati, a carico di standard e poor’s, l’agenzia di rating americana, che avrebbe inopinatamente declassato il rating sulla solvibilità dello stato italiano sempre in quegli anni.
Dunque la procura di Trani contro la finanza mondiale cattiva.
Naturalmente la scusa pronta dei pm è sempre la medesima: abbiamo avuto una notizia di reato, l’azione penale è obbligatoria, dobbiamo procedere.
E chissà se, in un territorio dove qualche problema di criminalità locale e organizzata esiste, c’è qualche altro fascicolo aperto forse più importante per la comunità, e per la giustizia.
E chissà se qualcuno di quei fascicoli non rimarrà fermo, intanto, con le lancette della prescrizione che porteranno inesorabilmente verso il suo compimento (ma tanto, come richiedono a gran voce i pubblici ministeri italiani, basta allungare i tempi della prescrizione, anzi qualcuno chiede che si elimini del tutto: indagati a vita, perchè i pm sono troppo impegnati in altro…).
Ma tant’è. Quegli zelanti pm si sono assicurati le prime pagine dei giornali, che di certo le inchieste locali faticano ad ottenere.
Chissà se sanno, quei pm, che uno dei motivi che scoraggia gli investimenti esteri in Italia è proprio il funzionamento della giustizia.
E non tanto e solo quella civile, con i suoi tempi lunghi.
Ma proprio quella penale, caratterizzata da una totale imprevedibilità, figlia di una discrezionalità e potere assoluto di qualunque pubblico ministero nella scelta tra le migliaia di notizie di reato che gli arrivano, che consente alla procura di una piccola cittadina di mandare i finanzieri a perquisire la sede di una grande banca d’affari per una ipotesi di reato suggestiva e sfumata.
Quanti danni al paese, e alla giustizia, causa questo sistema incontrollabile?
L’autonomia e l’indipendenza della magistratura possono coincidere con la discrezionalità assoluta e la irresponsabilità?
Anche su questo, io credo, occorrerebbe riflettere quando si parla di riforma della giustizia.