La ripresa dell’attività istituzionale e politica dopo le ferie estive porta con sé due buone notizie. La prima è che, dopo un agosto di fibrillazione legato alle intemperanze di Berlusconi, alle prese con le conseguenze inevitabili della sua condanna definitiva, le nubi sulla sorte del governo sembrano diradarsi. Il leader del PDL pare forse aver capito, infatti, che elezioni a breve non convengono né alle sue vicende personali, né alle sue aziende. E’ una buona notizia perché sono convinto che una crisi di governo oggi, e magari precipitose elezioni ad ottobre, avrebbero avuto un effetto disastroso sulla difficile situazione economica e finanziaria del paese, fermando sul nascere quei timidi spiragli di ripresa che si affacciano alle porte, e che sarebbe da sciagurati non tentare di alimentare.

La seconda buona notizia di queste ore è che la decisione di Renzi, oramai pressochè ufficiale, di concorrere alla segreteria del Partito Democratico nel prossimo congresso, sta producendo un effetto a valanga dentro il partito. Le migliaia di militanti che accorrono in tutte le feste del PD dove è invitato a parlare, che lo ascoltano, lo applaudono, lo acclamano, hanno convinto anche i più incerti e reticenti che la sua strada per la conquista del partito è oramai in discesa. E si assiste così al noto fenomeno del soccorso al vincitore, per cui interi gruppi dirigenti del partito, a livello locale ma anche tra i leader nazionali, stanno dichiarando apertamente il loro sostegno al sindaco di Firenze. La notizia buona in questo caso, e ovviamente, non è quest’ultima, ma è la prospettiva sempre più reale e concreta che Matteo Renzi possa diventare il prossimo segretario del Partito Democratico.

All’esito delle primarie per la leadership del centrosinistra, quelle che vinse Bersani, scrissi su Città & Dintorni che, a differenza di chi celebrava il trionfo del segretario in carica, per me politicamente aveva vinto Renzi perché, grazie al consenso da lui raccolto, da quel momento in poi chi avesse tentato di introdurre nel linguaggio e nelle proposte del pd qualche idea inedita, riformista davvero e innovativa, qualche proposta autenticamente “liberal”, non si sarebbe più sentito definire come sfascista, figlio di terzo letto di Berlusconi, o massone, come era capitato a lui nel lanciare la sfida. E concludevo sostenendo che quel consenso rappresentava uno spartiacque, l’avvio della strada per far nascere davvero il Partito Democratico.

Questo pensavo nel novembre scorso, meno di un anno fa, e questo penso ancora oggi. Ciò che in queste ore va facendosi sempre più limpida e visibile, dunque, è l’occasione di proporre al paese un partito davvero nuovo, inedito, innovativo, con una leadership che non si preoccupa di declinare la propria identità richiamandosi continuamente alle eredità novecentesche, ma che si propone di leggere con coraggio e rigore la società attuale, confrontandosi con le sfide della modernità.

Ossia le caratteristiche del Partito Democratico che avevamo in testa, tutti noi che ci credemmo fin dall’inizio, da quando concorremmo con entusiasmo alla nascita dell’Ulivo, consapevoli che le tradizioni politiche di provenienza erano importanti, ma che contava di più il futuro, l’Italia. Con la segreteria di Matteo Renzi può nascere il vero Partito Democratico, non la semplice appendice di storie importanti ma inevitabilmente legate al passato, non il nuovo contenitore riverniciato per gli ex di tutto, comunisti e postdiessini, sinistra democristiana e socialisti.

E’ una sfida appassionante, che dovrà misurarsi con difficoltà e resistenze interne e corporative, che dovrà sfidare pregiudizi e interessi conclamati, rendite di posizione e visioni conservatrici, che avrà bisogno di coraggio, perseveranza, lucidità e intelligenza politica. Ma è la sfida per la quale vale davvero la pena di impegnarsi e di spendersi, a Roma come in tutti i livelli locali.

Se la vinceremo la politica italiana, e con lei il paese, farà un grande balzo in avanti.