Alla fine l’accordo si è trovato, il compromesso utile a far rientrare la fronda della minoranza interna sulla riforma costituzionale è stato raggiunto.

È bastata una piccola modifica, che ha consentito di demandare ad una successiva disciplina legislativa le modalità di elezioni dei senatori, salvaguardando il principio che essi dovranno essere consiglieri regionali, e scelti dai cittadini.

Non so dire se la minoranza in un vicolo cieco abbia deciso di fare buon viso a cattivo gioco, né mi interessa stare a disquisire sulla circostanza che, dunque, basterebbe questa piccola modifica a trasformare una riforma di stampo quasi autoritario in una decente e democratica.

Quello che conta è che da questo passaggio delicatissimo il PD esca sostanzialmente unito, e che ciò avvenga senza snaturare eccessivamente una riforma istituzionale che mantiene una sua coerenza di fondo, e continuo ostinatamente a credere rappresenti per il paese un enorme passo avanti nella direzione della semplificazione, dell’efficienza, della stabilità.

Ci sono tutte le premesse, oggi, per considerare davvero a portata di mano un traguardo fondamentale di questa legislatura, e dare al paese una iniezione di fiducia. Perché cambiare si può.