È giusto, anzi doveroso, chiedersi come sia potuta accadere l’incredibile tragedia di Rigopiano: un albergo spazzato via da una valanga, molti morti, decine di dispersi.
In fin dei conti, in un mondo perfetto o quasi, le catastrofi naturali non dovrebbero provocare vittime: si sa dove esonda l’acqua nelle alluvioni, si sa dove scarica la neve quando accumula troppo, si sa dove e quanto trema la terra, si sa dove sono collocati i vulcani attivi.
E dunque è sempre in qualche modo colpa dell’uomo se eventi naturali in certa misura prevedibili comportano vittime, perché significa che si è violato qualche principio di cautela.
E tuttavia c’è nel dibattito pubblico che si è scatenato a seguito di questa tragedia qualche cosa di profondamente stonato, il riflesso e l’eco di un clima che avvelena il nostro paese.
Non c’è tanto la voglia di capire perché, cosa si sbagliato, cosa si poteva fare meglio, cosa è dovuto a responsabilità e cosa a fatalità o condizioni eccezionali, ma c’è la rincorsa alla ricerca del colpevole, al capro espiatorio da additare, al giudizio sommario.
Si spara nel mucchio, senza sapere, senza conoscere, si emettono sentenze e giudizi apodittici, senza alcun rispetto per le persone coinvolte, siano esse le vittime o i presunti responsabili.
È una corsa cui partecipano tutti, la politica, l’informazione, i giudici, e che corrode permanentemente le fondamenta della nostra società.
Perché sparare nel mucchio impedisce di capire davvero, di distinguere e separare responsabilità, perché cercare capri espiatori è il modo più semplice per deresponsabilizzarsi, perché colpire sempre e comunque il potere pubblico alimenta la sfiducia nelle istituzioni, accredita l’idea che le istituzioni sono altro da noi.
C’è un solo modo per reagire a questo clima.
Ed è quello di mantenere, anche nelle condizioni più emotive, misura, sobrietà, serietà, forte etica della responsabilità, e senso delle istituzioni.
Tutte doti che dovrebbero contraddistinguere la classe dirigente di questo paese, e che purtroppo la cronaca di questi giorni, con alcune lodevoli eccezioni, dimostra essere largamente latitanti.
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