Ogni giorno ci ricorda il sentiero stretto, e ripido, che stiamo percorrendo.

Siamo dentro una alleanza politica innaturale e faticosa, che ogni giorno ci presenta il conto, tra difficoltà a comporre visioni differenti, ostacoli improvvisi, emergenze che si susseguono. Ad ognuna di queste curve il nostro partito, direi quasi inevitabilmente, fisiologicamente, entra in fibrillazione  e riemergono i mal di pancia che attraversano i militanti e i simpatizzanti, che pure non sono estranei a chi deve pigiare i bottoni nelle sedi istituzionali.

Così, da ultimo, è stato in occasione della sospensione dei lavori della camera e così accade anche oggi, per l’incredibile vicenda che ha visto il nostro paese espellere la moglie e la figlia di un dissidente Kazako, rispedendole nelle mani del dittatore. Una vicenda di enorme gravità, che ha messo in imbarazzo l’Italia nei confronti del resto del mondo e che ha evidenziato falle e deficienze nel nostro apparato di sicurezza e di intelligence molto preoccupanti.

Responsabile politico di tali apparati è’ Alfano, che peraltro non è un semplice ministro degli interni, ma è anche il vicepremier nonché il segretario del principale partito alleato del PD in questo governo. Come dire, il secondo pilastro del governo Letta. In tale situazione alle opposizioni non è parso vero di poter approfittare di una occasione così ghiotta, e hanno presentato una mozione di sfiducia individuale contro il ministro, che però, di fatto, per il suo ruolo politico significa mettere in discussione l’esistenza del governo.

D’altronde le opposizioni fanno il loro mestiere, e nel caso di specie non hanno nemmeno tutti i torti. La difesa di Alfano in parlamento è apparsa infatti piuttosto debole, ancorché dettagliata, ed il sospetto di una sua parziale consapevolezza su quanto andava accadendo non del tutto fugata.

Ancora una volta, dunque, il Partito Democratico si trova davanti ad un bivio. Credere ad Alfano, difeso a spada tratta dal proprio partito, ribadire la fiducia al governo presieduto da Enrico Letta, che si è schierato col suo vice? Oppure chiedere le dimissioni del ministro degli interni, attribuendogli una inescusabile responsabilità politica per l’accaduto, con la conseguenza di mettere in discussione l’esecutivo?

Mi verrebbe da rispondere che si tratta di posizioni entrambe, in linea di principio, dotate di sufficienti argomenti a sostegno. Ma non si può a mio avviso correttamente rispondere a tali quesiti senza avere piena contezza delle ragioni per cui ci troviamo su questo sentiero stretto e scosceso, e che ci hanno convinto, un paio di mesi fa, ad imboccare una strada complicata e difficilissima.

Ragioni che risiedono precisamente nell’esito elettorale, che ha dato al paese camere ingovernabili, e nella situazione economica e sociale dell’Italia, che sta attraversando la fase più difficile della storia repubblicana, e forse non solo. Voglio dire e rammentare che non abbiamo abbracciato i nostri avversari politici per una convenienza, per il piacere di confrontarci con le perplessita’ dei nostri militanti, per la sottile soddisfazione di caricarci dell’onore di gestire il paese dentro questa tempesta.

No, lo abbiamo fatto per un estremo senso di responsabilità’ nei confronti del paese, quella responsabilità che altri hanno rifiutato rifugiandosi nella comoda posizione dei grilli parlanti, di chi da fuori guarda e commenta, libero da carichi e fatiche, privo di qualunque obbligo e necessità. E lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che nello stato in cui si trova, il nostro paese non può permettersi ulteriori divisioni, ulteriori incertezze, vuoti di governo, ma necessita invece di una guida, di natura eccezionale per un momento eccezionale.

Allora il dubbio di cui parlavo deve trovare una soluzione che tenga conto di questo stato di necessità.Che non vuol dire, si badi, che tutto è concesso, che questo governo andrà avanti in ogni caso e qualunque cosa succeda. L’attenzione del partito democratico, le sue proposte, le sue idee, le sue posizioni, non possono che essere esigenti, anche con questo governo di necessità.

E tuttavia la condizione estrema del paese deve indurci ad un di più di cautela e prudenza, a guardare con un supplemento di fiducia alle parole del nostro presidente del consiglio, ad applicare con rigore la nostra etica della responsabilità.

Faccio mie allora le parole pronunciate sulla vicenda dal presidente della repubblica, e dico che la scelta del Partito Democratico, di rigettare la richiesta di sfiducia ad Alfano, e’ oggi la più ragionevole e corretta.