Mi colpisce molto la vicenda di Ryanair, la grande compagnia aerea irlandese che ha minacciato i suoi dipendenti italiani di ritorsioni nel caso in cui aderiscano ad uno sciopero indetto dalle rispettive categorie.

Si tratta come ovvio di una lesione patente e palese di uno dei grandi diritti conquistati da oltre un secolo dai sindacati e dai lavoratori, e ciò basterebbe per giustificare le reazioni di condanna unanime giunte dalle istituzioni.

Ma la cosa che più stupisce è la protervia, la noncuranza, l’arroganza con le quali queste minacce sono state esplicitate, addirittura messe nero su bianco con una lettera recapitata dal capo del personale dell’azienda ai lavoratori.

C’è in questo atteggiamento il segno di un disprezzo non solo per i diritti dei lavoratori, ma forse ancor più per la dignità del lavoro, che a me sembra indicativo di un certo modo di intendere i rapporti che si sta facendo strada nel mondo largo, sfuggente e inafferrabile delle multinazionali.

Soprattutto di quelle che fanno della battaglia dei prezzi, del vantaggio per il consumatore, la loro ragion d’essere.

E questo perché la nostra non è più solo la società dei consumi, ma è diventata appunto la società dei consumatori, dove all’utente che consuma si devono offrire servizi e prodotti a prezzi sempre più bassi perché, si dice, questo è un vantaggio per tutti, perché estende la platea di chi può permettersi beni e servizi altrimenti inaccessibili, perché alimentando i consumi si alimenta il pil e dunque si crea un circuito virtuoso.

Dunque non bisogna chiudere mai, meno riposi e meno vacanze, dunque si esternalizzano i servizi non essenziali per avere meno dipendenti da pagare, magari a lavoratori a partita iva o a cooperative che assumono a tempo determinato, dunque si chiedono straordinari e flessibilità, dunque si impongono ai fornitori piccoli condizioni capestro, dunque si arriva a minacciare ritorsioni in caso di scioperi che mettono a repentaglio gli ingranaggi fragili su cui si regge il meccanismo.

Da dove origina la nuova categoria dei working poor, cioè di coloro che pur avendo un lavoro non riescono ad avere i mezzi per una vita dignitosa, se non da qui, da questa società che ai consumatori è disposta a sacrificare tutto, anche la dignità del lavoro?

E da dove scaturisce quella rabbia che alimenta i populismi, i sovranismi, i movimenti antisistema in tutto l’occidente, se non da lì, da questo mondo sempre più gonfio di persone che si sentono escluse, che non hanno più la speranza di afferrare migliori condizioni di vita come accadeva in passato?

Ecco io credo che la vicenda Ryanair sia la spia di uno spartiacque che stiamo pericolosamente varcando, e che questo sia il tema vero su cui la politica oggi e in futuro dovrà misurarsi, soprattutto una politica riformista, che non può abbandonare queste persone e questi problemi alle risposte antiquate e inefficaci della sinistra radicale, né a quelle dirompenti e nichiliste del sovranismo o peggio del nazionalismo o dei fascismi risorgenti.

E chissà che non possa tornare utile, per individuare nuovi equilibri e soluzioni coraggiose, quella politica di ispirazione cristiana, declinata laicamente, che in Italia ha conosciuto stagioni importanti, e che forse anche oggi può offrire una bussola per orientarsi nei tempi incerti che stiamo vivendo