Siamo alla fine di una lunghissima campagna elettorale, iniziata di fatto a metà aprile, all’indomani dell’approvazione finale, dopo due anni di lavoro, e sei letture parlamentari, della riforma costituzionale.

Una lunga maratona cui ho partecipato girando ovunque mi è stato possibile, in tutta la provincia, da Pontedilegno a Pontevico, da Palazzolo a Desenzano, parlando presso scuole, associazioni, comitati, circoli, confrontandomi con docenti universitari, con avversari politici, da Rifondazione Comunista alla Lega Nord, da Sinistra Italiana a Forza Italia.

Ho incontrato e parlato a migliaia di persone, un bellissimo viaggio incontro ai dubbi, alle domande, alle critiche, alle convinzioni più diverse.

Ora finalmente ci siamo.

Domenica prossima sapremo se gli italiani hanno voglia di provare a cambiare davvero, se tutti insieme avremo abbastanza coraggio per vincere le resistenze e le paure, se saremo capaci di andare incontro con fiducia al futuro, mettendo alla prova una riforma che tenta di dare al nostro paese istituzioni più sobrie, più stabili, più semplici.

O se invece i timori e i dubbi inevitabili quando si intraprendono strade nuove avranno la meglio, lasciando l’Italia al suo status quo, alle sue debolezze, al suo passato che non riesce a passare.

Può essere uno spartiacque, questo referendum.

E sono convinto che chi crede nella dignità della politica, chi non si fa condizionare dalle venature apocalittiche che dominano la cultura del nostro tempo, chi nonostante tutto ha fiducia nel nostro paese, voterà Si, lancerà il cuore oltre l’ostacolo.

Diceva Aldo Moro:

Come siamo facili tutti alla condanna! Come ci piace straniarci dal nostro tempo, per scuotere da noi pesanti e fastidiose responsabilità! Non amiamo il nostro tempo, perché non vogliamo fare la fatica di capirlo nel suo vero significato, in questo emergere impetuoso di nuove ragioni di vita, in questa fresca misteriosa giovinezza del mondo.

Oggi spetta a noi decidere se vogliamo abbracciare con fiducia il futuro, se vogliamo dare una chance al nostro paese.

Lo sappiamo che questa riforma non risolverà tutti i problemi, che non è perfetta, che potrà essere corretta e migliorata.

Ma questa consapevolezza animava anche i nostri padri costituenti, che pure non ebbero paura di decidere, non ebbero paura del futuro, non ebbero paura di sbagliare.

Il giorno dell’approvazione della costituzione, il 22 dicembre del 1947, Meuccio Ruini, il presidente della commissione che redasse il testo, pronunciò in aula queste parole:

Questa Carta che stiamo per darci è, essa stessa, un inno di speranza e di fede. Infondato è ogni timore che sarà facilmente divelta, sommersa, e che sparirà presto. No; abbiamo la certezza che durerà a lungo, e forse non finirà mai, ma si verrà completando ed adattando alle esigenze dell’esperienza storica. Pur dando alla nostra Costituzione un carattere rigido, come richiede la tutela delle libertà democratiche, abbiamo consentito un processo di revisione, che richiede meditata riflessione, ma che non la cristallizza in una statica immobilità. Vi è modo di modificare e di correggere con sufficiente libertà di movimento. E così avverrà; la Costituzione sarà gradualmente perfezionata; e resterà la base definitiva della vita costituzionale italiana. Noi stessi — ed i nostri figli — rimedieremo alle lacune ed ai difetti, che esistono, e sono inevitabili.

Io confido che gli italiani sapranno fare, anche questa volta, la scelta giusta.