Ieri alle camere il ministro Orlando ha presentato il rapporto annuale sullo stato della giustizia.
Una relazione che non ha nascosto i problemi, le difficoltà, le contraddizioni, ma che si è anche sforzata di indicare i dati positivi, e soprattutto di segnalare la rotta che in questa legislatura è stata intrapresa per cercare di dare soluzione ai problemi, o comunque di migliorare le condizioni di un servizio che, lo sappiamo bene, spesso non funziona come dovrebbe.
Comincerei col riportare qualche numero.
Continua, e si rafforza, la tendenza alla diminuzione delle pendenze, sia in ambito civile, sia in ambito penale: i procedimenti civili pendenti sono calati, in tre anni, da 5.200.000 sotto i 3.800.000, quelli penali sono scesi nel 2016 del 7%, attestandosi a poco più di 3.200.000.
Parallelamente sono aumentati i tentativi di risoluzione delle controversie tramite modalità alternative alla giurisdizione, come le mediazioni, che nel 2016 sono stati circa 366.000.
Tutto ciò ha consentito una riduzione dei tempi medi di risoluzione delle controversie che, secondo una misurazione standardizzata e basata su parametri omogenei nei paesi Ocse, è passata in questi anni da circa 500 giorni a circa 370 giorni. Si tratta di un dato ovviamente che va preso come indicazione di tendenza, confermata peraltro dal fatto che siamo risaliti intorno al 100 posto (dal 160 di pochi anni fa) su circa 180 paesi monitorati dalla Banca Mondiale per la durata delle controversie per il recupero del credito.
La situazione penitenziaria non ha raggiunto ancora lo stato ottimale, e tuttavia sono oggi circa 55.000 i detenuti presenti nella careri, a fronte di circa 50.000 posti disponibili: un miglioramento netto rispetto alla situazione di pochi anni fa, se si pensa che si era arrivati a circa 67.000 detenuti a fronte di circa 45.000 posti.
Tutto ciò è stato possibile grazie a numerosi interventi sull’esecuzione della pena, con un deciso riequilibrio, molto più virtuoso e in linea con gli altri paesi europei, tra persone sottoposte a detenzione e persone sottoposte a misure alternative, che oggi ha raggiunto il rapporto di 1 a 1 (vale a dire che a fronte di 55.000 detenuti ci sono circa altrettante persone sottoposte a misure alternative).
In tre anni sono state destinate alla giustizia risorse aggiuntive pari a circa 1,7 miliardi di Euro, una parte delle quali destinate alla riqualificazione del personale amministrativo, all’assunzione, tramite varie modalità, di circa 4.000 nuove unità per colmare le gravi carenze di organico negli uffici giudiziari, e all’immissione tramite nuovi concorsi di ulteriori 1.100 giudici.
Questi numeri raccontano dunque di un percorso virtuoso compiuto in questa legislatura, che ha potuto avvalersi, per la prima volta dopo molti anni, anche di nuove risorse, sia in termini economici che in termini di personale.
Ma i numeri non dicono tutto, e non bastano a tracciare in modo compiuto il disegno riformatore coerente e organico che si è faticosamente costruito.
Non dicono dunque della riforma delle piante organiche degli uffici giudiziari di primo grado, che risaliva agli anni 50 del secolo scorso, non dicono del moderno sistema di rilevazione statistica che finalmente consente la valutazione delle performance dei tribunali, e dunque la capacità dei dirigenti e dei magistrati, non dicono del portale unico delle vendite dei beni mobili e immobili sottoposti a esecuzione, appena completato, che può consentire di sbloccare una massa creditoria superiore ai 200 miliari di Euro.
E non dicono neppure, quei numeri, delle riforme organiche in itinere, e che speriamo giungano al traguardo prima della fine della legislatura, come quella del processo civile, quella del processo penale, e quella della legge fallimentare.
Certo, è una strada impervia e complicata, molto è stato fatto ma ancora di più resta da fare. Non mi nascondo anche alcune contraddizioni, qualche timidezza di troppo, alcuni nodi irrisolti, anche diversi errori.
E tuttavia mi pare di poter dire che il bilancio di questi anni di politica della giustizia è largamente positivo.
Sono state impostate le basi per un miglioramento significativo, costante e progressivo del servizio nel nostro paese, secondo un disegno riformatore intelligente, equilibrato e perseverante.
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