Dunque alla fine il PD ha scelto: togliere dalla legge sulle unioni civili la questione controversa della stepchild, per spianare la strada alla sua approvazione. Una decisione che io considero saggia, la più ragionevole in questo momento. Anche se sarebbe stato preferibile giungervi in modo diverso, e comunque non era inevitabile.

Sono sempre stato convinto, e l’ho detto e scritto più volte, che si dovesse seguire una strada maestra, nella gestione dell’iter legislativo, che era quella dell’unità del partito democratico.

Una scelta che obbediva ad una esigenza, quella di essere all’altezza dell’ambizione del pd, nato per tenere insieme culture e sensibilità diverse, e che in particolare su temi di rilevanza etica si è sempre ritenuto avrebbe dovuto condurre alla ricerca delle più alte sintesi e mediazioni possibili. Quelle in grado di tenere unito il paese, oltre che il PD.

Ma che obbediva altresì ad una logica politica, quella di evitare di affidarsi agli inaffidabili per definizione, al m5s, che ha un unico, del tutto legittimo obiettivo, quello di colpire il partito democratico, unico argine al populismo di questo paese.

Questa strada maestra, a mio avviso, è stata percorsa troppo timidamente.

Si è preferito trascurare la ricerca della sintesi, anche sui pochi punti sui quali vi erano questioni aperte interne al PD, e seguire con ostinazione e rigidità alle volte incomprensibili la linea della sponda con le opposizioni.

Quante volte abbiamo dovuto sentire, in questi mesi, che non si sarebbe toccata una virgola del testo uscito dalla commissione, che non vi erano ulteriori spazi di mediazione, che le voci dissonanti interne erano poche e marginali, che il m5s avrebbe garantito l’appoggio.

Ora, io so bene il lavoro che è stato fatto in commissione al senato. So quanta dedizione la relatrice, i colleghi senatori hanno profuso, so bene che è stato l’ostruzionismo becero e cieco di alcuni centristi membri della commissione giustizia a vanificare una discussione più proficua in commissione.

E so dunque che il testo da lì uscito, il cosiddetto testo Cirinna’, era l’equilibrio in quel momento più avanzato possibile.

Ma la politica non è una scienza esatta, si nutre e vive di piccoli avanzamenti successivi che portano verso il traguardo, comporta e necessita di intelligenza e flessibilità, qualità che non sempre ho visto all’opera in modo costante in queste ultime settimane.

Eppure sarebbe bastato poco.

Si poteva decidere subito, preso atto delle difficoltà e del rischio di far naufragare la legge, di affrontare i nodi relativi ai minori in una sede separata, e probabilmente più idonea, quale quella della legge sulle adozioni.

Oppure si poteva chiudere dentro il PD, senza forzature, un compromesso accettabile, chiaro, limpido, anche sul punto più delicato e controverso, dopo che già su altri la lungimiranza aveva consentito di trovare una felice sintesi. E con quello presentarsi in aula, compatti, senza offrire pretesti alle opposizioni.

Io ho sempre pensato che questo ultimo obiettivo fosse largamente a portata di mano, c’erano ipotesi sul tavolo su cui si poteva lavorare, fuori di ogni pregiudizio e ideologia, in modo pragmatico, e nel mio piccolo ho fatto il possibile perché lì si arrivasse.

Ma le rigidità non si sono sciolte, e si è dovuti sbattere ancora una volta contro il muro di gomma del m5s.

Ora dunque non rimane che l’accordo di maggioranza, lo stralcio della stepchild, e la blindatura del testo.

Una forzatura, certo, perché mettere la fiducia su una legge di questa natura non è certamente un bel precedente, e contraddice regole e principi sulla libertà di coscienza.

Ma una scelta necessitata.

Non possiamo infatti di certo permetterci, arrivati a un metro dal traguardo, un capitombolo ulteriore su una materia, quella dei diritti da riconoscere alle coppie omosessuali, su cui sarebbe davvero inaccettabile un ulteriore rinvio.

Rimane tutta intatta, e tutta da risolvere, la delicata questione dei minori che crescono in una famiglia omogenitoriale. Un tema che non può essere lasciato alla buona volontà dei giudici (e chissà che la corte costituzionale già mercoledì, con una attesa pronuncia, non ci dia indicazioni molto precise) ma che deve essere razionalmente disciplinato, presto e bene.

Lo faremo, io mi auguro il prima possibile, anche attraverso una rivisitazione di quegli istituti paragenitoriali, adozione e affido, che hanno urgente bisogno di una organica e puntuale riforma. E lo faremo sapendo che non partiamo da zero, perché la discussione di questi mesi, e gli orientamenti delle corti di giustizia, offrono sufficienti spunti per trovare la migliore disciplina nell’interesse dei minori, fugando o limitando dubbi e perplessità.

Per intanto, possiamo esprimere la soddisfazione di vedere spianata la strada per un traguardo storico, quello del riconoscimento pubblico delle unioni omosessuali, su cui altri governi di centrosinistra avevano fallito, che pareva insperato solo pochi mesi fa, e che ci allinea, finalmente, a tutte le democrazie occidentali.

Un grande passo avanti per il paese, che sono certo verrà più adeguatamente valutato e apprezzato una volta depositata la polvere delle polemiche, e il cui merito deve essere interamente riconosciuto al partito democratico.