Partiamo da una considerazione preliminare.
Il governo Letta, nato per dare risposte ad un paese in gravissima crisi e difficoltà, in un contesto politico difficilissimo, ha cercato di operare in continuità con le riforme avviate dal governo Monti, per tentare di chiudere l’emergenza e rimettere l’Italia su un sentiero virtuoso. In parte ci è riuscito, visto che la recessione pare essersi arrestata, e finalmente si intravedono spiragli di crescita dopo anni di ininterrotto calo della produzione e del pil. Tuttavia era ed è un governo assai debole, formato da ministri che in larga parte si sono dimostrati inadeguati e non all’altezza della situazione, e che si è ulteriormente indebolito dopo la vittoria di Renzi alle primarie, perdendo ulteriore forza politica nel confronto col nuovo leader del partito democratico.
Questa debolezza è conclamata, ed il giudizio è condiviso largamente, anche dalle più importanti organizzazioni di categoria, da confindustria ai sindacati. Non vi è dunque dubbio alcuno che, a meno di scegliere il ritorno alle urne, che con la legge proporzionale vigente significherebbe perpetuare ad libitum le larghe intese, il governo Letta necessiterebbe non di qualche ritocco, ma di un robusto cambiamento, di una sostanziale e decisa modifica e innovazione.
E’ qui, allora, che si è presentato il bivio sul quale oggi la politica è chiamata a decidere. Se è vero infatti che il governo attuale è in affanno, se è fuori di dubbio che sia necessario un deciso cambio sia nella sua composizione sia nella sua tabella di marcia, la domanda ineludibile che dobbiamo porci è se non valga la pena, allora, cambiare anche il manovratore, mettendo alla guida il leader che oggi, grazie alla evidente forza politica che gli deriva dalla vittoria alle primarie del pd, e dal consenso largo di cui gode nel paese, è in grado di imprimere davvero una svolta, che può essere decisiva per il destino della legislatura e del paese.
Di questo occorre ragionare, ben sapendo che in fondo si chiede un sacrificio ad entrambi i nostri leader, a Letta perché gli si chiede di farsi da parte, e a Renzi perché gli si chiede di assumere la guida del governo senza passare dalle elezioni, e dunque contraddicendo in parte il modo e il senso della sua avventura politica. Ma se tutto ciò, come a me pare, serve a ridare slancio alla legislatura, a ridare fiato e speranza alle ragioni e agli obiettivi che ad essa sono assegnati, e cioè le riforme radicali e di sistema delle quali il paese ha disperato bisogno, a partire da quelle economiche per passare a quelle istituzionali, se tutto ciò può servire a questo, ebbene io credo che occorra assumersi la responsabilità e il rischio della scelta, per faticosa o impegnativa essa possa essere.
Letta ha meritoriamente traghettato il paese fino a qui, in un periodo turbolento e difficile, aiutandolo ad attraversare la tempesta. Ora è il momento di aprire una fase politica nuova, di tentare di dare un orizzonte possibile a riforme che necessitano di forza politica più vigorosa, di uno slancio diverso.
Tocca a Renzi, e io sono convintamente con lui.