Mi ha molto colpito una indagine demoscopica di poche settimane fa, che mostrava come gli italiani, da sempre annoverati tra gli euroentusiasti del continente, siano oggi scivolati agli ultimi posti per il grado di fiducia nelle istituzioni europee.Ci ripenso oggi, dopo i recenti fatti di cronaca, perché penso che forse da quelli può ritrovare alimento, anche da noi, lo spirito europeo che ci ha sempre contraddistinto, fin da quando siamo stati tra i paese fondatori della comunità politica europea.
Mi riferisco a due fatti molto diversi tra loro, eppure quasi concomitanti, come la strage delle studentesse nell’incidente d’autobus in Spagna, e gli attentati di Bruxelles.
Le biografie di quelle sette studentesse universitarie italiane morte, insieme a loro colleghe straniere, di ritorno da una gita a Valencia, ci raccontano dell’entusiasmo, della passione con la quale partecipavano al programma erasmus, quel sistema di scambio tra le istituzioni universitarie europee che da quando esiste, almeno trent’anni, ha concorso più di tante parole, più di tanti proclami, alla costruzione della casa comune europea.
Molti feriti di quell’incidente hanno annunciato che non rinunceranno a completare il percorso iniziato, testimonianza di quanto nei nostri giovani ancora resista la voglia di contaminazione, il desiderio di conoscere, la sensazione di sentirsi parte, con le altre nazioni europee, di un destino comune.
Il terribile attentato di Bruxelles rappresenta invece l’ennesimo episodio di una violenza cieca e barbara che da tempo minaccia la nostra convivenza, i nostri valori, le conquiste della democrazia e della pace che in questo continente da oltre settant’anni si sono consolidate.
Quelle conquiste nate sulle ceneri, sulle macerie della seconda guerra mondiale, e rese possibili proprio grazie all’Europa unita, grazie al sogno europeo trasformato in istituzioni sovranazionali, grazie alla paziente e faticosa costruzione dell’Unione economica, politica e monetaria degli Stati europei.
Oggi tutto questo è minacciato.
È minacciato dall’interno, da una perdita di consapevolezza, da una sensazione di distanza e di insofferenza verso le istituzioni europee, dal riemergere prepotente di egoismi nazionali.
È minacciato dall’esterno dalla violenza islamista, che si nutre del radicalismo presente nelle periferie urbane delle metropoli europee, nelle seconde e terze generazioni di immigrati di origine magrebina e medio orientale, che trasforma e islamizza una insofferenza latente e diffusa e una integrazione difficile.
Allora questo è il tempo di stringersi attorno a quei valori che la costruzione europea ha garantito e tutelato, di ritrovare le ragioni profonde e gli ideali che ci hanno mosso a stare insieme, a sacrificare un po’ della nostra sovranità per un bene più grande.
L’Europa non è, non può essere la burocrazia, le regole economiche, lo zero virgola.
L’Europa sono quegli ideali che hanno mosso le giovani vite spezzate in Spagna, sono i valori che il radicalismo islamico vuole colpire.
È ora di riscoprirli, è ora di riprendere in mano la bandiera europea.