Nei prossimi giorni la Cancellieri verrà in aula a riferire del suo operato nella vicenda che l’ha interessata. Potremo in quell’occasione valutare meglio la correttezza del suo comportamento. Peraltro, per come si è sviluppata fin qui la vicenda, ci sono un paio di aspetti, alcune note stonate, che un po’ mi infastidiscono e un po’ mi preoccupano.
Provo a riassumerli qui di seguito.
Primo aspetto.
Tutta la querelle nasce dalla pubblicazione su un quotidiano di una conversazione telefonica del ministro con una vecchia amica di famiglia, che di cognome acquisito fa Ligresti. Una telefonata dal contenuto molto intimo e privato, come non è difficile rilevare.
Nessuno su questo ha avuto nulla da ridire, tanta è oramai l’assuefazione, e quasi il piacere da buco nella serratura di poter avere accesso alle confidenze che si scambiano i potenti.
Credo però non sia ozioso chiedersi quale utilità possa aver avuto, nell’economia dell’inchiesta su Fondiaria Sai, quella conversazione telefonica, per quale motivo non sia stata cancellata, e se sia accettabile che un colloquio di quel tenore, di quella particolare intimità, finisca trascritto sui giornali.
Non c’è in ciò un tratto di quel perverso meccanismo mediatico giudiziario cui è ora di porre fine, perché in contrasto con ogni più elementare principio di protezione e tutela della riservatezza? Non è in fondo inaccettabile che ancora oggi sia possibile in Italia pubblicare queste conversazioni, e sulla base di quelle fare processi pubblici? Perché nessuno si è soffermato su questo?
Secondo punto.
All’indomani della pubblicazione dell’intercettazione, e dei primi particolari della vicenda, è partito il coro di invocazione delle dimissioni. Un coro partito dai soliti grillini, cui si sono uniti opinionisti ed anche miei colleghi di partito. Un atteggiamento che io considero sbagliato per principio, perché trovo sempre errato procedere a valutazioni così delicate sulla base di impressioni un po’ sommarie.
Ma che mi pare ancora più censurabile allorché colpisce figure come il Ministro Cancellieri, che non è una persona qualunque, né una figura ignota. E non mi riferisco al fatto che sia Ministro, ma alla circostanza che si tratta di una persona universalmente stimata per la sua storia personale ed istituzionale, che ha sempre meritato apprezzamenti trasversali per il suo senso dello stato, per il suo equilibrio e la sua limpidezza in ogni occasione e in ogni ruolo che ha assunto.
Perché lo sottolineo? Perché le storie personali contano, le biografie non sono indifferenti, e devono essere sempre tenute presenti quando si valuta e si giudica, anche e soprattutto in occasione di vicende incerte e sfumate. Quelle storie devono condurre e guidare nell’interpretazione dei fatti, devono aiutare nella comprensione degli eventi, non possono essere completamente ignorate. Le persone, perfino i politici, non sono tutte uguali, e quando vicende ambigue colpiscono figure degne di stima, si deve essere cauti, prudenti, corre l’obbligo di aspettare a giudicare, di capire meglio. Tanto più in frangenti come questi, in cui la credibilità e l’autorevolezza del mondo politico è così malridotta.
Allora io ho trovato inaccettabili le valutazioni sommarie ed inappellabili sul comportamento della Cancellieri, formulate senza alcuna cautela, senza la minima prudenza, senza alcun rispetto per la sua storia. Inaccettabili, perché di fatto basate su una considerazione di fondo che io ostinatamente rifiuto, e cioè che i responsabili della cosa pubblica sono in realtà tutti uguali, che non ci sono differenze, che una Cancellieri può agire in modo eticamente discutibile perché non è diversa da qualunque altro politico, tendenzialmente indegno o moralmente corruttibile.
Un atteggiamento e una valutazione che mi paiono figli di una temperie culturale molto ben rappresentata dal grillismo, da quel clima da moralizzazione della vita pubblica che finisce con lo screditare l’intera classe politica, senza distinzioni, senza differenze. Un clima pericoloso, a mio avviso, e che deve essere contrastato, anche perseverando nel tentare di distinugere, di riconoscere le qualità dove esistono e le virtù dove si scorgono, pur sapendo quanto la politica debba farsi perdonare per i suoi limiti e le sue manchevolezze.
Non è indugiando ed ammiccando all’antipolitica che si aiuta la politica a migliorare.
Per questo spero, ma in fondo sono convinto, che una persona perbene come la Cancellieri saprà vincere quel vento contrario e così ostile che oggi, credo immeritatamente, le tocca affrontare.