È un bene che la direzione del pd di ieri si sia conclusa con un documento approvato all’unanimità.

Come scrissi all’indomani delle elezioni, una era la stella polare da seguire nella fase difficile che ci apprestavamo a vivere, ed era l’unità del nostro partito: qualunque scelta fossimo stati chiamati a fare dovevamo farla in modo condiviso, evitando ulteriori fratture e spaccature che avrebbero messo a repentaglio la nostra sopravvivenza.

Il documento approvato ieri prende pragmaticamente atto che oggi l’unita’ si costruisce solo escludendo qualunque accordo con M5S e Centrodestra, e dunque lì colloca e attesta il partito democratico, pur dichiarando la disponibilità a soluzioni e ipotesi suggerite dal capo dello stato.

Bene così, dunque.

Anche se non posso nascondere che io, come avevo tentato di argomentare nelle scorse settimane, avrei tentato di percorrere una via diversa, quella cioè di andare a vedere le carte dei 5 stelle.

Ero infatti persuaso che, ove ci fossimo seduti a quel tavolo dichiarando con chiarezza che eravamo e rimarremo diversi e alternativi, che la nostra disponibilità si limitava a valutare brevi percorsi di transizione su pochi obiettivi, e solo con paletti limpidi su programmi e collocazione internazionale, avremmo contribuito ad aprire varchi significativi nelle loro contraddizioni interne.

Pensiamo solo in quali difficoltà li avremmo messi anche solo dicendo una cosa inevitabile e scontata, ovvero che dal tavolo di discussione andava tolto il nome di Di Maio. O se avessimo chiesto di sostenere le nostre proposte in tema di reddito di inclusione o di completamento delle riforma del Jobs act.

Insomma io credo che da un confronto siffatto saremmo usciti più forti, qualunque fosse stato l’esito.

Le cose sono andate diversamente, e ritengo che ciò sia dipeso in primo luogo dalla condizione sostanzialmente acefala che ci portiamo dietro dal dopo elezioni, dalle dimissioni di Renzi.

Non abbiamo cioè in questo momento un partito in grado di reggere e sopportare scelte impegnative e dirimenti perché manca un gruppo dirigente legittimato e autorevole in grado di portare tutto il partito, unito, su indirizzi e percorsi netti e chiari.

E la rappresentazione più evidente di questa debolezza si è vista proprio nei giorni scorsi, con le fibrillazioni e il cortocircuito innestasti dalle dichiarazioni di Renzi, che hanno poi portato alla posizione finale condivisa dalla direzione.

Ma essere privi di guida, privi di una chiara identità, nel bel mezzo di una crisi politica senza soluzione, che ci chiama invece a scelte dirimenti, è ovviamente la condizione peggiore possibile, quella che davvero può mettere a rischio unità e sopravvivenza.

Per questo, qualunque opinione si abbia di quanto accaduto nei giorni passati, si deve essere soddisfatti della ritrovata unità in direzione, per quanto precaria essa sia. E si dovrà fare di tutto, ora, per condividere ogni singolo passo dei possibili sbocchi della crisi politica in atto.

Ma parallelamente, nel gestire unitariamente la crisi, e nella speranza di non dover riprecipitare a elezioni in tempi troppo rapidi che ci impedirebbero anche solo l’inizio di una discussione, occorre a questo punto accelerare l’avvio di un percorso di confronto interno che prepari il congresso.

Abbiamo necessità di ridefinire la nostra fisionomia e proposta politica sulla base del terremoto e della rivoluzione del 4 marzo scorsi.

Perché alcune domande che covavano sottotraccia cominciano ora a farsi strada in modo più esplicito, e forse non sono neanche estranee alle fibrillazioni interne dei giorni scorsi. Domande che esigono una risposta, e dalle quali dipende il futuro del pd.

Le riassumo così.

L’esito elettorale del 4 marzo ci consegna, e anzi consolida, un’Italia tripolare.

Che ruolo può e deve giocare dentro questo nuovo schema il partito democratico? Deve contribuire alla semplificazione del quadro favorendo una ricomposizione dei poli? Qual è oggi, e quale sarà in prospettiva, la nuova linea di divisione profonda nella politica italiana e non solo, e il pd da che parte starà?

Domande che costituiscono una traccia su cui è bene cominciare a riflettere.