«Io non ce l’ho con nessuno. Semplicemente rivolgo un appello a mantenere un elemento costruttivo in una fase politica delicatissima, in cui finalmente si introduce una riforma costituzionale, dopo che la politica ha accumulato ritardi clamorosi e nessuno, negli anni passati, ha concluso qualcosa».

Alfredo Bazoli, eletto deputato nel 2013, renziano della prima ora, si è rivolto ai colleghi del Pd che hanno sottoscritto una proposta di riforma del Senato alternativa a quella del governo Renzi. L’onorevole Bazoli non fa nomi, ma tra i firmatari ci sono anche i due senatori bresciani, Paolo Corsini e Massimo Mucchetti.

Onorevole, sarà pur lecito dissentire…

«Ci mancherebbe altro. La proposta politica può essere emendata, anche criticata per alcuni aspetti, ma dentro i canoni di proposta democratica in linea con le proposte di riforma costituzionale fatta da molti costituzionalisti».

Per esempio?

«Se qualcuno si prendesse la briga di leggere il libretto risultato dell’intervento dei saggi nominati dal presidente Giorgio Napolitano e leggesse Valerio Onida, si renderebbe conto che il disegno di legge presentato dal governo è pari pari alla proposta di Onida».

Il punto di forte dissenso – lo ha ribadito ieri sul Corriere il senatore Paolo Corsini che ha sottoscritto la proposta di riforma – sarebbe soltanto uno, la nomina, invece dell’elezione, dei componenti.

«Sì, il punto su cui si scandalizzano è l’elezione indiretta dei senatori».

Perché il governo Renzi ha fatto questa scelta?

«Perché in questo modo il Senato diventa espressione delle autonomie territoriali. E si ottiene anche un altro risultato, non pagare l’indennità a chi ce l’ha già, in sostanza ridurre anche i costi».

Si augura che le divisioni del Pd siano superate?

«L’appello che faccio ai colleghi della minoranza interna del partito è di stare attenti a mettersi di traverso, magari anche al di là delle proprie intenzioni, perché dovrebbero semmai allarmarsi quando il Movimento 5 stelle appoggia quelle loro posizioni. E spero che obiettivamente sentano il dovere di portare a termine la riforma in tempi rapidi».

Teme un affossamento?

«La politica ha accumulato ritardi, ha la sua parte di responsabilità anche chi è stato eletto prima di me. Oggi bisogna dare risposte alla situazione difficile che sta attraversando il Paese».

Grillo ha dichiarato di voler stare dalla parte di chi nel Partito democratico si oppone alla riforma del Senato proposta dal governo.

«Il movimento 5 stelle è ancora fortissimo e questo pesa. E pesa il divario che c’è tra opinione pubblica e politica».

Il Pd è un partito diviso, in cui si rischia davvero la rottura?

«È un grande partito, articolato in tante componenti e tanti punti di vista come tanti partiti analoghi nel mondo. Ci sono anche forti spinte e resistenze al cambiamento che oggi invece è necessario. Spinte e resistenze motivate anche da ragioni ideali ma anche da tattiche legittime nel confronto interno. Oggi però c’è un segretario del partito che è stato incoronato da milioni di persone in maniera esplicita. Il dissenso anche interno è legittimo, ma si deve remare nella stessa corrente».

Prevede battaglia nel partito anche sul Def, il Decreto economico finanziario presentato dal governo?

«Non ho registrato mal di pancia e su questo c’è la conferma del taglio dell’Irpef, del cuneo fiscale e degli 85 euro in busta paga per i lavoratori dipendenti. Sull’impostazione data inizialmente al Def mi sembra che anche nel partito ci sia grande consenso».

Teme che Forza Italia rompa l’accordo con Renzi siglato da Berlusconi?

«Avverto un’estrema debolezza di Forza Italia che complica anche il tragitto delle riforme. Questa debolezza rende incerta la strada, come le spinte interne di coloro che in Forza Italia si sentono all’angolo e puntano a rompere tutto. Confido che seguano i consigli di Giuliano Ferrara».

Cioè?

«Non cercare di farsi prendere dalla tentazione di ribaltare il tavolo, ma presentarsi come il padre nobile».

Tratto da www.corriere.it – Autrice: Italia Brontesi